«La musica è per tutti», recita lo slogan di Spotify, piattaforma svedese che ha fatto dello streaming il cavallo di battaglia della diffusione dei brani musicali: l'avversaria conclamata di Apple Music che (sì, la musica è veramente per tutti) oggi può perfino debuttare in Borsa.
Da due giorni infatti, Spotify è quotata al New York Stock Exchange (Nyse) con il simbolo «Spot». La manovra un po' spiazzante è che non si tratta di una Ipo tradizionale con l'emissione di nuove azioni. L'azienda ha scelto la via della quotazione diretta. Cosa significa? Chi possiederà azioni della società si presenterà in Borsa e avrà piena facoltà di venderle. Mossa che non tutti possono permettersi, e che Spotify è riuscita ad aggiudicarsi in quanto in possesso di sufficiente liquidità e libera da debiti. Questo riduce (e non poco) i costi legati al collocamento: non richiede, difatti, il pagamento di commissioni alle banche o roadshow per sponsorizzare la propria quotazione, come avviene con le Ipo tradizionali, che però costituiscono un metodo meno rischioso per chi in Borsa muove i primi passi.
Apple Music, maggiore e più diretto competitor della piattaforma svedese, potrebbe tagliare il traguardo di 23 miliardi di dollari nel 2018. E Spotify? Quanto potrebbe valere? Difficile a dirsi, all'esordio di questa avventura. «Apple sta crescendo più velocemente di Spotify e ha un modello di business diverso in base al quale la musica non deve essere redditizia su base standalone» ha spiegato John Tinker, analista di Gabelli and Co., che ha dato il via alle valutazioni su Spotify consigliando né di acquistare né vendere. La piattaforma svedese ha avvertito la scorsa settimana che la crescita delle sue vendite potrebbe rallentare quest'anno, ma anche che dovrebbe registrare una perdita annuale più contenuta. Il gruppo, fondato da Daniel Ek, alla fine del 2017 contava 159 milioni di utenti attivi; e in un documento depositato alla commissione di Borsa Usa, il 28 febbraio scorso, ha dichiarato che nel 2017 ha generato 4,09 miliardi di euro di ricavi. Gli utenti paganti, lo scorso anno, sono saliti al 44% del totale contro il 31% del 2016. Crescita netta e benaugurante: al debutto in Borsa il prezzo è stato 167,5 dollari ad azione (+26% rispetto ai 132 di lunedì): società valutata 29,5 miliardi di dollari in totale.
Per avere un'idea delle proporzioni di questo fenomeno, che detta legge sfornando classifiche e costituendo grossa parte delle tendenze planetarie, si tenga presente che Spotify ha nella sua offerta 35 milioni di pezzi cui gli utenti possono accedere online istantaneamente. Un vero e proprio terremoto nell'acquisto e consumo della musica: una piattaforma nata a Stoccolma solo 10 anni fa, che oggi conta su 71 milioni di abbonati paganti (il doppio di Apple Music). C'erano state le proteste di artisti come Taylor Swift e i Radiohead: ma tutti, oggi, scelgono di buon grado di scivolare sulla piazza di Spotify, verificando la propria popolarità.
La previsione è di raggiungere un tetto tra i 92 e i 96 milioni di abbonati e tra i 198 e i 208 milioni di utenti attivi. Numeri da capogiro consegnati a una scommessa che, dal 1999, alba della musica online, costituisce un primato: il mercato della musica è in crescita per il secondo anno di seguito.
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