Han fatto più rumore gli schiamazzi di una certa politica che le verità fornite dai dati. Ieri lo spread tra il Btp e il Bund decennale ha chiuso a quota 195, solo un punto al di sopra della chiusura di mercoledì. Il fatto che, nel corso della seduta il differenziale di rendimento tra Italia e Germania, abbia toccato quota 200 punti è un fatto che, al momento, può interpretarsi come puramente incidentale. Certo, non sono mancati gli osservatori - come il Financial Times - che non hanno mancato di notare che i rendimenti dei titoli di Stato italiani e francesi siano ai massimi dal 2012, rispettivamente al 4,91 e al 3,5 per cento a fronte di un Bund che pure è a livelli record con il suo 2,96 per cento.
Si manca, però, di notare che nel 2012 i tassi Bce erano all'1% prima di essere tagliati allo 0,75% nel corso di quell'estate tormentata in cui Mario Draghi salvò l'euro e anche il nostro Paese. Oggi siamo al 4,5%, quindi l'Italia paga un premio tutto sommato minimo rispetto ai depositi presso l'Eurotower. Un premio costoso visto che, come ha detto il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti, il rialzo dei tassi costa tra i 14 e i 15 miliardi di maggiori interessi. Ma tant'è.
È ovvio che non ci si possano aspettare applausi a scena aperta (soprattutto a Bruxelles) per una Nadef che aumenta di 0,7 punti percentuali il deficit programmatico rispetto al tendenziale a legislazione vigente portandolo al 4,3 per cento. Ma se i mercati non hanno penalizzato oltremodo i nostri titoli di Stato, è probabile che subodorino un'intesa tra il governo Meloni e la Commissione Ue su questo tema. Un'intesa non è difficile da raggiungere su una riforma del Patto di Stabilità più attenta agli investimenti (magari scorporandoli dal computo del disavanzo quelli legati al Pnrr) e alla crescita, oltreché alla riduzione del debito: L'Italia potrebbe raggiungerla con un gesto di buona volontà come la ratifica del Mes che ieri è stato tolto dal «congelatore» delle commissioni. Per quanto il ministro Giorgetti abbia specificato che il Mes «è un binario parallelo che risponde a logiche di altro tipo».
Affermare che le turbolenze siano prossime al termine non sarebbe veritiero, anche se un Patto meno impostato sui paradigmi dei Paesi frugali come la Germania potrebbe aiutare. Anche perché la congiuntura resterà difficile. «L'inflazione continua a diminuire - ha spiegato ieri la Bce nel Bollettino mensile - ma ci si attende ancora che rimanga troppo elevata per un periodo di tempo prolungato».
Ecco allora che i tassi «forniranno un contributo sostanziale al ritorno tempestivo dell'inflazione all'obiettivo» del 2% e l'Eurotower «continuerà a seguire un approccio guidato dai dati». Resta la preoccupazione per la ripresa economica che, ha sottolineato ancora la Bce, «potrebbe risultare più lenta del previsto se gli effetti della politica monetaria saranno più intensi delle attese».
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