Spunta una fondazione in Liechtenstein. Tutti addosso a Fontana

Il governatore è sempre più sotto assedio per i conti esteri. E i pm studiano nuove accuse

Spunta una fondazione in Liechtenstein. Tutti addosso a Fontana

Il clima giudiziario intorno a Attilio Fontana, presidente della Regione Lombardia, somiglia sempre più a un accerchiamento. Ieri sera la Guardia di Finanza ha perquisito la sede della Dama spa, la società del cognato Andrea Dini. Le forze messe in campo dalla Procura, la determinazione con cui nel pieno dell'estate si scava negli affari pubblici e privati del governatore lombardo, dicono chiaramente che la vicenda dei camici forniti dal cognato di Fontana alla Regione è solo il varco attraverso il quale i pm si muovono ora per una ricostruzione a 360 gradi degli affari dell'esponente leghista.

Ieri si apre un nuovo capitolo nella analisi dei fondi esteri di Fontana: un articolo di Domani, il nuovo giornale di Carlo De Benedetti (per ora disponibile solo come newsletter) accende i riflettori su una fondazione in Liechtenstein, la Obbligo Familienstiftung di Vaduz. La Obbligo è il trustee, ovvero il gestore, del conto a Nassau, nelle Bahamas, dove la mamma di Fontana sposta numerosi milioni di euro. Beneficiario della Obbligo, scrive Domani, è sempre la signora Fontana e alla sua morte il figlio Attilio.

Sono i soldi che Fontana dopo la scomparsa della madre regolarizza con lo scudo fiscale e che cerca poi (senza riuscirci) di utilizzare per pagare una parte dei camici forniti dal cognato Andrea Dini alla Regione. Per capire quanto sta accadendo, va tenuto presente che sui soldi che si spostano tra Bahamas, Liechtenstein e Svizzera non si muove solo l'inchiesta di Domani. Le domande sollevate dalla newsletter, si dice in Procura, «sono le stesse che ci stiamo facendo anche noi».

Cosa ha a che fare tutto ciò, ovvero la genesi e la evoluzione dei beni personali di Fontana, con la vicenda dei camici? Un legame diretto, evidentemente, non c'è. Ma i tre pm (Scalas, Furno e Filippini) coordinati da un superesperto come il procuratore aggiunto Maurizio Romanelli puntano a ricostruire l'intero contesto in cui la vicenda si è sviluppata. L'unico reato contestato per ora al presidente lombardo è la frode in forniture pubbliche, in pratica gli viene contestata la mancata consegna alla Regione dell'intero blocco di 75mila camici promessi dalla Dama, la società di Dini. Non c'è, per il momento, un reato tributario. Ma si può stare certi che se dovessero inciampare in un dettaglio illecito, i pm (ammesso che non si tratti di fatti ormai prescritti, visto il tempo trascorso) non esiterebbero a fare scattare nuove accuse.

Fontana, da parte sua, continua a mostrarsi sicuro di poter dimostrare la regolarità dei suoi comportamenti sia sul fronte dei camici sia nella gestione del patrimonio. Nell'incontro dell'altroieri con gli inquirenti, il legale del governatore, Jacopo Pensa, è tornato a manifestare la disponibilità a chiarire tutto il versante estero. A questo punto la Procura sta rallentando i tempi della rogatoria prevista verso la Svizzera, perché se fosse lo stesso Fontana a mettere a disposizione i documenti si risparmierebbe tempo e fatica. Ma è comprensibile che prima di consegnare tutte le carte il presidente voglia capire esattamente qual è l'obiettivo reale della indagine.

È una domanda che Fontana si sta ponendo con insistenza, tanto più quanto si considera estraneo al tema ufficiale dell'indagine.

Non capiva come lo si potesse accusare, come era stato ipotizzato, di avere spinto per il contratto tra Regione e Dama, essendo ormai pacifico che ne seppe solo a cose fatte. Ma ancora meno capisce come gli si possa rinfacciare la decisione del cognato di non ultimare la consegna. E allora, si chiede, dove vogliono arrivare?

Intanto il M5s insiste: sulla donazione ha mentito, se ne vada.

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