Spunta un testimone austriaco che scagionerebbe Bozzoli. Ma i pm non ne hanno traccia

Da chiarire il ruolo della moglie e altri complici. Il pellegrinaggio di curiosi alla villa di Soiano

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A Soiano del Lago, piccola località sulle sponde bresciane del Garda, la villa della Primula Rossa è già diventata meta di pellegrinaggio in una via vai di curiosi.

Ci si ferma, si scruta oltre il cancello, si scatta qualche foto alla facciata, si confabula. Nessuno qui conosce personalmente la famiglia, eppure sono già nate le fazioni, tra colpevolisti e innocentisti. Le mille sfaccettature dell'animo umano hanno già mostrato il loro volto. «Se fosse stato colpevole sarebbe fuggito», dice qualcuno in paese, mentre il video amatoriale dell'arresto finisce in rete rimbalzando tra gli smartphone E sono ancora tanti i dubbi misti a sorpresa che aleggiano sulla vicenda. «Ha sentito il bisogno di riallacciare i rapporti con il figlio», è convinto il procuratore di Brescia Francesco Prete. Quei 50mila euro che teneva con sé, quel nascondiglio nel cassettone del letto, quel rientro in casa nel buio nella notte sono tutti elementi che confermerebbero la tesi del magistrato. Di certo la fuga di Giacomo Bozzoli ha avuto un epilogo da dramma macchiettistico: lui rannicchiato nel cassettone del letto matrimoniale, con le doghe a premere su viso e braccia, stringendo un borsello con 50mila euro in contanti, tutti in pezzi da 50 euro. È stato uno dei sistemi di captazione installato dagli inquirenti a far capire, alle 5.30 di giovedì, che il fuggitivo era nel Bresciano, arrivato con un'auto a noleggio. È in quel momento che comincia il blitz in ogni stanza e anfratto ma la casa sembra vuota.

Poi, dopo ore di ricerche, quasi casualmente un carabiniere prova ad alzare un letto-contenitore: dentro ci trova il latitante. Barba lunga, capelli incolti, con indosso una t-shirt. Non ha armi ma un borsello con dentro il tesoretto di contanti. Alla vista dei militari non oppone resistenza e in lacrime dice: «Vi prego, fatemi vedere mio figlio».

Ma poi il nuovo colpo di scena: Bozzoli dice invece di avere un testimone austriaco che lo scagionerebbe dall'accusa di aver ucciso lo zio Mario gettandolo nel forno della fonderia di famiglia a Marcheno l'8 ottobre 2015. L'uomo lo ha riferito al procuratore Prete, annunciando anche di avergli inviato una lettera - in copia al procuratore generale Guido Rispoli e al presidente della prima sezione penale Roberto Spanò, il primo giudice che lo ha condannato. Nessuno, però, ha ancora ricevuto la missiva. Di certo i magistrati vogliono vederci chiaro e capire se l'uomo abbia avuto dei complici. Così come non è ancora chiaro il ruolo della compagna Antonella.

«Ma tra lui e la donna in questi giorni non ci sono stati contatti», assicurano gli inquirenti. Come ha fatto un ricercato internazionale a varcare almeno due confini, a tornare in Italia e ad aprire addirittura la sua porta di casa senza che nessuno lo vedesse, lo riconoscesse, lo fermasse? Sono ancora tanti gli interrogativi sospesi.

Intanto la prossima settimana il 39enne sarà interrogato nel

carcere di Bollate, dove è controllato a vista, nell'ambito dell'inchiesta aperta contro ignoti per procurata inosservanza della pena. Non è escluso che venga sentito come testimone e quindi senza la presenza dei suoi legali.

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