Stesso look e stesse smorfie. Tra Renzi e Salvini è pareggio

Due attori consumati abili a usare telecamere e gesti Match con scambio di colpi bassi ma senza vincitore

Stesso look e stesse smorfie. Tra Renzi e Salvini è pareggio

Le smorfie, le più strambe possibili, sono le stesse di dieci anni fa quando, al primo confronto tra i due Matteo, Salvini e Renzi, il giornalista de La7 chiamava quest'ultimo Matteo Nardi, presidente uscente della provincia di Firenze. Oggi nessuno sbaglia più il suo nome e questo atteso e preparatissimo faccia a faccia televisivo a Porta a porta su Rai 1, senza regole, senza applausi del pubblico, senza cronometri, non all'americana ma all'italiana, una sfida infernale ramo spaghetti western, rimarrà nella storia solo se qualcuno, bontà sua, magari tra più di vent'anni come sta succedendo con la serie televisiva 1992-1993-1994, vorrà rispolverarla. E siccome «la politica è sangue e merda», come diceva il socialista Rino Formica, questi dieci anni si vedono tutti nei volti, nelle capigliature leggermente imbiancate, in una certa innocenza imberbe perduta ma anche nella spregiudicatezza dell'utilizzo di tutto l'armamentario affabulatorio che ormai conosciamo quasi a memoria e, soprattutto, con l'utilizzo del linguaggio non verbale in cui ognuno dei due si muove autorevolmente da lider maximo.

Due attori ormai consumati, vestiti pure in maniera quasi identica, abito blu come la cravatta (dieci anni fa era di un rosso improbabile per Renzi e ovviamente verde per Salvini) e camicia bianca, seduti su un grande tavolo semicircolare (scenografia di Marco Calzavara) con Bruno Vespa arbitro al centro (a cui poi si aggiungeranno i giornalisti Maurizio Molinari e Michele Brambilla poco protagonisti). Matteo Salvini alla sua destra inizia subito a snocciolare i no del M5s che lo hanno spinto a uscire dal governo e Renzi soffia immediatamente sulla sabbia della spiaggia del Papeete mentre, fuori campo, si sente lo sbuffare rumoroso dell'altro Matteo che però arranca nella replica. Poi Renzi riesce a fare zittire, missione di solito impossibile, Salvini che incredibilmente abbozza mentre inizia a prendere appunti su un foglio. «È in svantaggio di due minuti e mezzo», ricorda Vespa perché in effetti Renzi è preciso ed è difficile da interrompere. A quel punto Salvini tira fuori alcune slide stampate («Si è dovuto portare l'aiuto da casa», taglia corto Renzi che in effetti cita dati e numeri a memoria) e la butta sugli immigrati che stanno aumentando per poi passare al fatto che Renzi cambia idea formando nuovi partiti e, rivolgendosi a Vespa, fa un esempio: «È come se dicessi, Bruno stai sereno, e trac» e con la mano fa il gesto inequivocabile di quando si viene fregati. Ma questo è uno dei pochi eccessi salviniani che però televisivamente buca lo schermo per poi trasformarsi in meme sui social. Poi, ad animare un dibattito un po' stracco, caratterizzato da un inedito understatement che avrà rischiato di far calare gli ascolti, ecco l'affondo di Renzi sul passato di Salvini - «lei esultava contro la Nazionale addirittura a favore della Francia» - e la regia di Sabrina Busiello ne approfitta per dividere lo schermo in due mettendo i Matteo uno accanto all'altro per vedere l'effetto che fa. Ma lo split screen non regge perché Salvini risponde ripetendo: «Lui è sempre il genio incompreso...». «Questo l'hai già detto» gli ricorda Renzi. I due continuano a studiarsi ma mancano gli affondi che arrivano solo in chiusura, a notte fonda, quando il dibattito si scalda sui 49 milioni che la Lega deve restituire e sul Russiagate.

La regia cerca di sottolineare quanti più tic possibile di Salvini, gli occhi al cielo, i no con la testa, lo scrollare delle spalle, gli ampi movimenti circolari delle mani. Ma alla fine, tra il folclore di Salvini e la sicurezza di Renzi, la partita finisce in uno stanco pareggio.

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