Brusca frenata per candidato vaccino anti Covid della Johnson & Johnson. L'azienda ha annunciato l'interruzione «temporanea» della sperimentazione condotta su un campione di 60mila pazienti. La ragione è sempre la stessa ed è uno scoglio che normalmente si presenta quando si sta testando un nuovo farmaco o una nuova profilassi: un volontario sottoposto allo studio clinico ha contratto una patologia per la quale al momento i ricercatori non hanno individuato l'origine. In sostanza non possono escludere che sia collegata all'assunzione del vaccino.
È la seconda volta che uno dei trial clinici allo studio viene interrotto a causa di un paziente che si ammala. La prima interruzione aveva interessato lo studio condotto da Astrazeneca in collaborazione con l'Università di Oxford. In questo caso una volta stabilito che la patologia del volontario in questione non aveva nulla a che fare con il vaccino la sperimentazione è ripartita.
La Johnson & Johnson ha fatto sapere di aver affidato la valutazione di quello che potrebbe essere un effetto collaterale alla somministrazione del vaccino sperimentale all'organismo indipendente Data Safety Moinitoring Board oltre che ai i suoi esperti interni. Una volta chiarita l'origine della patologia l'azienda renderà pubblici i risultati. «Ci impegniamo a fornire aggiornamenti trasparenti durante il processo di sviluppo clinico del nostro candidato vaccino», promette J&J che ha tenuto a specificare che questo stop temporaneo è diverso da una «sospensione normativa» richiesta dalle autorità sanitarie
Ed è indubbiamente vero, come asserisce l'azienda che in qualsiasi studio clinico, questo genere di interruzioni è inevitabile. Ed è proprio per questo che gli esperti ritengono troppo ottimistica la previsione di un vaccino disponibile alla fine dell'anno. All'inizio di settembre la J&J aveva annunciato con enfasi di aver riscontrato una evidente risposta immunitaria da parte dei volontari nella prima fase dello studio clinico e per questo aveva dato il via allo studio allargato a 60mila persone i cui risultati sono previsti per la fine di quest'anno o all'inizio del 2021.
E sulla questione dell'immunità da Covid19 si sta interrogando tutto il mondo scientifico visto che sono stati confermati casi di reinfezione. In particolare quello di una donna di 89 anni morta in Olanda dopo un secondo contagio da coronavirus. Caso riferito da Bno News che cita i risultati pubblicati da Oxford University Press. Si tratta del primo caso di decesso dopo un secondo contagio da Sars Cov2. La donna era in cura per macroglobulinemia di Waldenström, un raro tipo di cancro alle cellule del sangue trattabile ma incurabile. Un altro caso di reinfezione dopo quello registrato in Usa. Un giovane che la seconda volta si è ammalato in modo più grave ma che poi è guarito. Le sequenze relative ai due contagi, distanti di qualche mese, erano troppo diverse per essere causate dalla stessa infezione.
La mancata acquisizione dell'immunità potrebbe anche avere implicazioni sulla ricerca di un vaccino e ricadute sulla possibilità che in prospettiva sul lungo periodo si riesca a raggiungere la discussa immunità di gregge.
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