Stop a diritto d'asilo e ius soli. "Deporterò milioni di illegali"

Stretta sui migranti: "Torneranno nei loro Paesi". Militari al confine Sud. "Il golfo del Messico diventerà d'America"

Stop a diritto d'asilo e ius soli. "Deporterò milioni di illegali"
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Il ritorno al passato, il ritorno all'età dell'oro per Donald Trump inizia dai confini. Ma quel ritorno alle origini ha anche una data. È un ritorno al 18 giugno 1878, il giorno in cui l'allora Presidente Rutherford Hayes firmò il «Posse Comitatus Act». Grazie a quell'atto di un secolo e mezzo fa «The Donald» punta a impiegare le forze armate, spedirle alla frontiera con il Messico, dichiarare «l'emergenza nazionale» e «respingere la vergognosa invasione subita dal nostro paese». Ma ovviamente il ritorno al 1878 fa già discutere.

L'atto varato all'epoca per sopperire alla necessita di arruolare volontari da mettere agli ordini di sceriffi e rangers per sopprimere insurrezioni o scorrerie di bande criminali è considerato un inapplicabile relitto giuridico. Ed è giudicato dai democratici in aperto contrasto con l'idea che le forze armate Usa non vadano impiegate sul territorio dei singoli stati. Ma l'invasione descritta da Trump quando ricorda che «i nostri cittadini si sentono minacciati dai pericolosi criminali che hanno trovato rifugio negli Stati Uniti» non è un'invenzione. Né un banale pretesto per ricorrere alla forza militare. Il primo ad aver messo nero su bianco le cifre devastanti dai flussi migratori nell'era Biden è quel New York Times che in questi anni non ha mai perdonato alcunché al miliardario fattosi Presidente. «L'impennata dell'immigrazione degli ultimi anni - ricordava il quotidiano della Grande Mela lo scorso 11 dicembre - è stata la più grande della storia degli Stati Uniti ed ha sorpassato il grande boom migratorio di fine 800 e inizio 900 Durante l'amministrazione Biden ha probabilmente superato gli otto milioni». Numeri spaventosi e con pochi precedenti. Numeri che giustificano la raffica di atti esecutivi promessa dal Presidente. Numeri a cui allude Trump mentre parla con le spalle rivolte a Joe Biden e Kamala Harris raggomitolati sulle loro sedie dorate. Immobili, quasi paralizzati, ascoltano senza muovere mezzo muscolo il programma dell'avversario fattosi successore. «Deporterò milioni e milioni di migranti irregolari. Tutti i migranti clandestini saranno fermati e per i criminali con cittadinanza straniera inizierà il processo di ritorno verso i paesi d'origine. Ripristinerò la legge per farli restare in Messico». Parole in cui già si legge lo scontro con quel Papa Francesco che 24 ore prima ha liquidato come «una disgrazia l'espulsione degli immigrati irregolari».

Intanto però i presunti crimini dei migranti diventano anche l'appiglio giuridico per promettere l'intervento delle forze armate fino ai margini delle metropoli. «Riporteremo l'ordine pubblico nelle nostre città», assicura il Presidente mentre prefigura un nuovo corso basato su leggi antiche. «Invocando una misura del 1878 conferirò alla forze armate il potere di sgominare bande criminali che svolgono attività nel nostro territorio e anche alle periferie delle nostre città». Ma l'idea di quella guerra combattuta sul suolo nazionale, da molti giudicata scandalosa, inaccettabile e perfino incostituzionale, si collega in fondo alla promessa iniziale di riportare l'America all'età dell'oro. «Tornerà il sogno americano e sarà più bello di prima», annuncia evocando l'idea di un paese restituito ai suoi cittadini.

In questo urticante discorso d'insediamento Trump non cita la promessa di dedicare uno dei quasi cento ordini annunciati ieri alla cancellazione dello «ius solis» ovvero del diritto alla cittadinanza acquisito nascendo in terra americana. Per cancellare quello che è stato il pilastro del grande «melting pot» bisognerebbe riscrivere la Costituzione. Un'impresa assai ardua anche per chi promette il ritorno all'età dell'oro.

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