Stop al viaggio di Bibi negli Emirati Arabi. È la vendetta per il no alla Giordania

Amman reagisce all'annullamento di un viaggio ad Al Aqsa. Quarta cancellazione per la visita di Netanyahu ad Abu Dhabi

Stop al viaggio di Bibi negli Emirati Arabi. È la vendetta per il no alla Giordania

Israele-Giordania, parte seconda, la vendetta. È naufragato il quarto tentativo di Benjamin Netanyahu di visitare gli Emirati dopo gli Accordi di Abramo. Cos'è accaduto? Mercoledì il principe Hussein, figlio di Abdullah, si preparava a visitare il Monte del Tempio, ovvero la Moschea di Al Aqsa, con tutti gli uomini e i mitra che sembravano consoni alla casa reale e lasciando le porte aperte alla folla: la dinastia Hashemita è l'affidataria della Moschea di Al Aqsa e del Monte del Tempio con i palestinesi, e il futuro monarca voleva visitarla nel giorno della ascesa al cielo di Mohammed (Maometto) con una schiera regale e la folla plaudente. Israele non ha accettato: dal Monte del Tempio può scaturire la più grande violenza, è già accaduto, è il luogo originario del Grande Tempio ebraico, ed è sotto la sua sovranità.

Ma il re si adombra e sa che è molto importante per Bibi raggiungere Mohammed bin Zayed ad Abu Dhabi. Occhio per occhio, più qualche vecchio conto e calcolo politico. In più la moglie del primo ministro, Sarah, è stata ricoverata d'urgenza all'ospedale mercoledì, prima del viaggio, con l'appendicite. Bibi ha passato la notte all'ospedale. Mentre già si vacilla sulla possibilità di Netanyahu di partire per un viaggio che ha definito «di grande importanza nazionale e internazionale» arriva il messaggio giordano. «Israele voleva imporre cambiamenti...Avrebbe limitato l'ingresso di musulmani in visita...Il principe cancella per rispetto dei fedeli». A mezzogiorno, il re ci ripensa: passate pure. Ma è troppo tardi. Il tempo ormai è scaduto. Netanyahu doveva restare a Abu Dhabi solo due ore per poi tornare a incontrare i primi ministri ceco e ungherese per un'alleanza anti Covid. Resta la ferita della lite con l'alleato giordano.

Le elezioni sono fra undici giorni: per Netanyahu la battaglia contro il Coronavirus e la conquista della pace di Abramo sono le due carte più convincenti. Adesso tutti i suoi nemici si affrettano a denunciare una strategia che mette in forse una delle due paci più consolidate, quella con la Giordania del 1994. Benny Gantz già accusava da tempo Bibi di avere negletto Abdullah. Ma la verità è che la Giordania si era associata ai palestinesi nel rifiuto sia dell'ambasciata americana a Gerusalemme che degli accordi di Abramo: re Abdullah conta il 70% di palestinesi fra i suoi sudditi, la sua pace soffre di un dissenso permanente, che non ha mai permesso ai giordani di visitare Israele, mentre tanti sono stati gli scontri di confine. Adesso c'era un nuovo pesante elemento in gioco: Netanyahu desiderava l'incontro di Abu Dhabi anche per associare agli Accordi l'Arabia Saudita: pare addirittura che il principe bin Salman avrebbe potuto essere presente, e se non lui qualche emissario. I sauditi non ci tengono affatto all'idea che Al Aqsa sia considerata luogo sacro dall'islam. La Mecca deve avere il primato assoluto. Ultimamente Osama Yamani, famoso commentatore saudita, ha scritto che Al Aqsa non si trova a Gerusalemme, ma vicino alla Mecca, e solo verso quel luogo santo si deve volgersi pregando.

C'è anche chi già dice, scriviamo con prudenza, che i regali giordani sono stati raggiunti da insistenze dei nemici di Bibi, Yair Lapid, capo dell'opposizione, e da Ehud Barak, l'antico capo della sinistra.

Un'occasione, si dice, per ostacolare la campagna elettorale di un primo ministro che sembra, nei sondaggi, sempre in prima linea dopo 12 anni al potere.

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