Tempi stretti, perché il bubbone scoppiato all'inizio di quest'anno all'interno della Procura della Repubblica di Milano non può essere lasciato aperto troppo a lungo senza che torti e ragioni siano chiariti. Così la Corte d'appello di Brescia ha fissato con procedura di urgenza il processo d'appello a uno dei protagonisti del caso che ha squassato l'ex tempio di Mani Pulite: il pubblico ministero Paolo Storari, che dopo essere entrato in rotta di collisione con i vertici dell'ufficio - il capo Francesco Greco e il suo vice Fabio De Pasquale - sulla gestione dei verbali del pentito Piero Amara sulla «loggia Ungheria» decise di consegnarne per vie brevi una copia informale a Piercamillo Davigo, allora membro del Consiglio superiore della magistratura.
In primo grado Storari, dopo avere chiesto di essere giudicato con rito abbreviato, è stato assolto per mancanza dell'elemento psicologico del reato: in sostanza, era convinto di agire all'interno delle norme, essendo Davigo - come componente del Csm - abilitato anche a ricevere atti coperti da segreto. Ma la Procura della Repubblica di Brescia ha fatto ricorso contro l'assoluzione del collega. E la Corte d'appello, benché gravata da numerosi processi, ha stabilito una corsia preferenziale: il processo a Storari è stato fissato per il prossimo 4 ottobre, poche settimane dopo la fine della pausa feriale della attività.
Inizialmente era sembrato che la Procura bresciana - che nel corso del primo processo aveva chiesto la condanna di Storari a sei mesi di carcere per rivelazione di segreto d'ufficio - non intendesse impugnare l'assoluzione del pm milanese. Invece, dopo avere letto e riletto le complesse motivazioni della assoluzione firmata dal giudice Federico Brugnara, il pm bresciano Donato Greco (solo con la sua firma, e non con quella del suo capo Francesco Prete) ha deciso di ricorrere. Storari è colpevole, dice il ricorso, lui stesso ha ammesso di avere consegnato i verbali a Davigo e la sua ignoranza delle norme non può essere invocata come scusante: specie trattandosi di un magistrato. Da parte sua il difensore di Storari, Paolo Della Sala, ha depositato una memoria difendendo la sentenza di assoluzione e segnalando che semmai la motivazione poteva essere ancora più ampia, «il fatto non sussiste».
Resta il fatto che Storari torna sotto tiro, e la sua sorte torna ad incrociarsi con quella di Davigo, che invece ha scelto la strada del processo ordinario, con udienze pubbliche che hanno già riservato squarci illuminanti sulla vita interna del Csm: come la testimonianza di David Ermini, che del Csm è vicepresidente, e che ha ammesso di avere ricevuto i verbali a sua volta da Davigo ma di averli distrutti senza leggerli, salvo precipitarsi a raccontare tutto al presidente della Repubblica.
Nel frattempo altri tasselli si sono aggiunti al quadro già sufficientemente complesso. La Procura bresciana ha chiesto il processo anche a carico di Fabio De Pasquale, il procuratore aggiunto che Storari ha sempre indicato come il principale responsabile dell'insabbiamento dei verbali di Amara sulla loggia Ungheria.
Che nel frattempo sono approdati a Perugia, dove la Procura ha chiesto l'archiviazione di tutta la faccenda: non perché ci sia la certezza che la loggia non esisteva, ma perché le dichiarazioni di Amara non hanno trovato conferme.
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