Ma Matteo Salvini ad Ascoli Piceno aveva davvero indosso una mascherina fascista? Risposta breve: no. E l'articolo potrebbe finire qui. Se non fosse che le cose, soprattutto quando ci sono di mezzo D'Annunzio e il fascismo, vanno spiegate. E pure bene dato che ci troviamo davanti a un vero e proprio furto ai danni dell'"Orbo veggente".
Ma andiamo con ordine e presentiamo prima i fatti: ieri il leader della Lega si trovava nelle Marche e vestiva una mascherina nera su cui c'era scritto "Memento audere Semper" (ricordati di osare sempre) e la firma del Vate. Molti commentatori hanno puntato il dito contro quel pezzettino di stoffa, bollandolo come fascista. Anche perché Salvini ama giocare su queste polemiche, come quando si fece fotografare con un capo della Pivert, marca di indumenti vicina CasaPound.
In effetti, la mascherina indossata da Salvini aveva tutti i caratteri del Ventennio: era nera e aveva un motto in latino che celebra l'eroismo. Difficile vederne una simile alla Festa dell'Unità. Molto più facile vedere ripreso questo motto dagli ambienti neofascisti e da quelli di certe curve. C'è chi lo cita e chi perfino se lo tatua senza sapere che il suo ideatore, D'Annunzio appunto, rabbrividirebbe di fronte a tutto questo. Perché il Vate fu tante cose - poeta, aviatore, seduttore, eroe e pure un po' depravato - ma non fu mai fascista.
Affascinò il fascismo, senza però esserne affascinato. Anche perché D'Annunzio amava fare partito per se stesso. Era al di là della destra e della sinistra come era al di là del bene e del male, come lui stesso ammise. E fu (giustamente) visto come un pericolo dal fascismo. Scrisse Ernest Hemingway: "In Italia sorgerà una nuova opposizione, anzi si sta già formando e sarà guidata da quel rodomonte vecchio e calvo, forse un po' matto, ma profondamente sincero e divinamente coraggioso che è Gabriele d’Annunzio". Mussolini stesso, poco dopo l'omicidio Matteotti, confidò al genero Galeazzo Ciano che, se D'Annunzio "si fosse schierato contro", sarebbe stato "un pericoloso avversario perché aveva molto seguito nella gioventù". Il Vate in quell'occasione preferì il silenzio. Anzi, rassicurò lo stesso Mussolini che non avrebbe mosso un dito. Come ricorda Paolo Mieli sul Corriere, nella presentazione a Disobbedisco di Giordano Bruno Guerri, "l'onorevole Tito Zaniboni dichiarò su Il Mondo che d’Annunzio aveva scritto in una lettera a un legionario di essere 'molto triste di questa fetida ruina'. E il poeta non smentì. Non voleva deludere Mussolini, ma neanche i suoi ammiratori che in quei giorni prendevano le distanze dal fascismo".
Proprio in Disobbedisco, sono presenti diversi esempi del non fascismo, se non in alcuni casi addirittura di antifascismo, di D'Annunzio. Basti pensare che tra gli oggetti del Vate non si trova alcun fascio se non tra i regali che finivano in soffitta, e che spesso il poeta parlava di "camicie sordide" al posto di camicie nere. Per D'Annunzio poi Mussolini gli era inferiore e non poteva che provare una sorta di rammarico per il fatto che, spiega sempre Guerri, il Duce prese da Fiume "la liturgia della politica di massa, sperimentata la prima volta dal Vate", "i discorsi dal balcone, il dialogo con i seguaci-fedeli, il culto per i caduti e le bandiere, il “me ne frego”, l’“a noi!”, le camicie nere e i fez degli arditi, Giovinezza, le marce, le cerimonie di giuramento, riti e miti". Fu D'Annunzio a fornire, seppur indirettamente, l'estetica al fascismo.
Lo stesso motto "Memento audere semper", ormai giudicato fascista, venne pensato per tutt'altro contesto. Era il 1918 e l'Italia era impegnata nella Prima guerra mondiale. D'Annunzio, da sempre interventista, era impegnato in vere e proprie operazioni di propaganda. Volò su Vienna e fu tra gli artefici della beffa di Buccari. Un'operazione dallo scarso valore militare, ma importante dal punto di vista della propaganda. La Regia Marina riuscì a lasciare nella baia controllata dagli austro ungarici tre bottiglie - verde, bianca e rossa - con la scritta Memento audere semper. Il motto fu poi ripreso dai fascisti ed è arrivato fino a noi.
Il Vate e il Duce si incontrarono in poche occasioni. Ma un giorno Mussolini si decise ad andare al Vittoriale e D'Annunzio lo accolse a suo modo, facendogli fare un'attesa di 25 minuti. Il Duce stravedeva per lui. Lo ammirava e voleva far colpo sull'uomo che - a bordo di una cabriolet rossa come moderno principe rinascimentale - aveva riconquistato Fiume. "Salve, o alato fante", lo salutò Mussolini, ricordando il suo passato da aviatore. Al che il Vate, ricordandosi che Mussolinì servì nei Bersaglieri, rispose: "Salve o lesto fante". Inutile dire che l'incontro non proseguì nel migliore dei modi.
Tutto questo
per dire che è sciocco dire che Salvini abbia indossato una mascherina fascista. Come è sciocco, dall'altra parte, voler metter una camicia nera all'eroe di fiume. Meglio un completo, fatto su misura, come piaceva a lui.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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