La Corte d'Assise di Como nega per l'ennesima volta l'analisi dei reperti mai esaminati della strage di Erba. Ma le scoperte fatte da Il Giornale convincono i giudici a far consegnare una copia originale delle intercettazioni dell'inchiesta alla difesa di Olindo Romano e Rosa Bazzi, effettuate tutte in date cruciali per l'indagine, come quando il supertestimone Frigerio doveva rivere il ricordo dell'aggressione con il suo neurologo e un colloquio tra lo stesso Frigerio e i carabinieri il giorno prima che questi facesse per la prima volta il nome del vicino di casa.
I dvd con le intercettazioni erano stati consegnati agli avvocati dei coniugi non dalla ditta Sio di Cantù, dalla quale erano stati affittati i server, ma da una seconda azienda, la Waylog di Como, la cui proprietà il Giornale ha scoperto essere schermata dietro una società anonima svizzera, la Fenefin, già nota alle cronache giudiziarie per i pagamenti off-shore fatti agli spioni dello scandalo Telecom. «Dovremo accertarci con un nostro consulente che siano davvero le intercettazioni scomparse - dice al Giornale l'avvocato Fabio Schembri, che con Luisa Bordeaux e Nico D'Ascola difende Olindo e Rosa - Se non ci sono dovremo chiederci come sia possibile che ci siano quei buchi». Schembri non è affatto preoccupato dal rigetto del suo ricorso: «L'ordinanza è certamente nulla. A partire dal fatto che, come la Corte Costituzionale ha esplicitato in sentenza fin dal 2015, l'udienza doveva essere pubblica. Lo abbiamo chiesto due volte e non lo hanno accettato, tenendo le porte chiuse ai cittadini e ai giornalisti.
Avremmo voluto che tutti potessero farsi un'opinione in merito alla questione Waylog. Torneremo in Cassazione sperando che si possa ottenere di esaminare ciò che resta». Ed eventualmente far riaprire un processo pieno di misteri.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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