Il pubblico ministero dice una cosa, il giudice ne dice un'altra, nessuno si smuove dalle sue posizioni. Risultato: il processo per la tragedia della funivia del Mottarone, lo schianto in cui il 23 maggio 2021 persero la vita quattordici persone, non comincia. Si torna indietro, alla fase delle indagini. A tre anni e mezzo dalla tragedia nessuno - nè i familiari delle vittime, nè il piccolo sopravvissuto Ethal Cohen, nè gli imputati - sanno quando un processo potrà iniziare finalmente a farsi largo, a cercare la verità su quel cavo che si spezza all'improvviso, sul freno d'emergenza che non scatta perchè lo hanno disattivato. E la navicella con a bordo gli allegri, sereni gitanti di una domenica di sole vola giù, da decine di metri, verso l'orrore.
Sul banco degli imputati, nell'udienza preliminare che si trascinava da gennaio, stanno il manovratore, i direttori e i titolari della funivia, gli uomini dell'azienda costruttrice e manutentrice. Che l'accusa, rappresentata dal procuratore di Verbania Olimpia Bossi, e il giudice preliminare Rosa Fornelli fossero in disaccordo si era visto già a luglio, quando la Fornelli aveva ordinato di eliminare accuse che le sembravano illogiche, e per cui era impensabile che si arrivasse a una condanna. Aveva chiesto che si togliesse l'aggravante della violazione delle leggi sul lavoro, e si eliminasse il reato di attentato alla sicurezza dei trasporti, che è un reato volontario. Accusare gli imputati di avere fatto deliberatamente schiantare la funivia per il giudice è impensabile. Si puniscano le colpe, anche colossali.
In questi casi, normalmente, il pubblico ministero si adegua. Invece il 12 settembre la procuratrice Bossi aveva rifiutato di cambiare l'imputazione, chiedendo al giudice di revocare l'ordinanza o in caso contrario di restituirle il fascicolo. Secondo la Procura, la legge non consente di fare marcia indietro, revocando accuse già mosse: il pm «può soltanto procedere ad integrazioni e specificazioni della contestazione e mai a una sua riduzione», scriveva la Bossi, accusando il giudice di avere travalicato i suoi poteri.
Ieri, come era ampiamente prevedibile, la giudice Fornelli non revoca la sua ordinanza e riconsegna tutto alla Procura. Si dovrà tornare indietro di mesi, forse la Procura sceglierà di fare altre indagini, poi chiederà nuovamente il rinvio a giudizio. Magari ostinandosi sugli stessi reati, sperando che la vicenda finisca sul tavolo di un giudice diverso.
Imputati e familiari assistono a questo braccio di ferro tra magistrati senza poter dire la loro. Fin dall'inizio, l'inchiesta sul disastro del Mottarone è stata costellata di anomalie, basti pensare a cosa accadde quando, a pochi giorni dall'incidente, un altro giudice respinse la richiesta della Procura di arrestare alcuni degli indagati, non essendoci pericolo nè di fuga nè di reiterazione. La Procura insorse, e il presidente del tribunale di Verbania sostituì il giudice che aveva rifiutato di firmare gli arresti.
Ne scaturirono una ispezione ministeriale e un procedimento disciplinare su iniziativa dell'allora ministro Marta Cartabia: entrambi conclusi con un nulla di fatto. Ora, un nuovo scontro tra toghe. Nel frattempo, la prescrizione continua a scorrere.
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