Strage di neonati nel kibbutz: oltre 40 morti, mozzate le teste. "Un massacro mai visto prima"

C'è solo una piccola consolazione in questi primi giorni di guerra. Una striminzita e dolorosa consolazione: i morti hanno ancora un nome, una foto e qualcuno che li piange

Strage di neonati nel kibbutz: oltre 40 morti, mozzate le teste. "Un massacro mai visto prima"
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C'è solo una piccola consolazione in questi primi giorni di guerra. Una striminzita e dolorosa consolazione: i morti hanno ancora un nome, una foto e qualcuno che li piange. Tra un po', forse, ci sarà solo la conta delle vittime.

Il limite, se in una guerra ce n'è uno, è stato già ampiamente superato: l'altro giorno con la strage dei ragazzi al rave nel deserto del Neghev. E ieri con la mostruosa scoperta all'interno di un kibbutz Kfar Azza, in cui sono stati trovati una quarantina di bambini e neonati decapitati, la loro testa gettata a terra come immondizia. Tre giorni dopo l'attacco palestinese, per la prima volta l'esercito israeliano ha permesso ai media di visitare uno dei kibbutz degli orrori. Gli operatori si sono trovati di fronte a immagini scioccanti, a una strage degli innocenti che fa ben capire come in ballo non ci sia «solo» una guerra, ma il terrore più atroce. Quello che entra nelle case e uccide nel sonno, quello che tocca i bambini, senza alcuna pietà. «Alcuni bimbi non hanno più la testa. Fatta saltare da colpi d'arma da fuoco esplosi da vicino. O mozzata - riferisce Nicole Zedek, giornalista di i24News - Molte vittime hanno le mani legate, tutti uccisi in un'esecuzione». I miliziani hanno infierito sul corpo delle donne.

Parlando ai giornalisti, il general maggiore dell'esercito Itai Veruv ha descritto la scena di violenza, dove intere famiglie sono state massacrate nelle loro case e nei loro letti, nel kibbutz situato a poche centinaia di metri dal confine con Gaza. «Non è una guerra, non è un campo di battaglia: vedi i bambini, la madre, il padre, nelle loro camere da letto, e come i terroristi li hanno uccisi». «È un massacro, un atto di terrorismo, qualcosa che non ho mai visto nella mia vita, che hanno visto i nostri nonni nei pogrom (attacchi di matrice antisemita, ndr) ma non nella storia attuale».

Il sito di informazione israeliano racconta di 200 persone trucidate e identifica in Kfar Azza una delle zone più colpite dai terroristi di Hamas: testimonianze parlano di truppe israeliane che andavano casa per casa per recuperare i corpi civili nei sacchi per cadaveri. Non erano stati in grado di farlo prima perché stavano ancora combattendo. Di fronte allo scempio, i militari si sono abbracciati tra di loro per farsi forza, invano. Il portavoce dell'ong Zaka ha partecipato all'identificazione dei corpi e testimonia che i miliziani palestinesi di Hamas hanno ucciso «più di 100 persone a sangue freddo» nel solo kibbutz di Beeri: «Hanno sparato a tutti, hanno ucciso bambini, neonati, anziani». Oppure se li sono portati via. Come la piccola Ariel, 9 mesi, presa in ostaggio e portata a Gaza.

Qualcuno ha cercato in tutti i modi di difendere i suoi. E fra tanto orrore, fra racconti di persone che sono rimaste nascoste sotto i cadaveri dei loro cari pur di non farsi trovare, fra soldati che hanno perso tutto, i media israeliani iniziano a celebrare i loro primi eroi. E diffondono la storia di Inbal Liberman, ex militare israeliana, 25 anni, la prima donna a essere nominata responsabile della sicurezza di un kibbutz. Ha imbracciato un fucile e ha difeso la sua casa sparando contro i miliziani di Hamas e uccidendone 25. Il suo Kibbutz Nir Am è praticamente l'unico al confine con la Striscia di Gaza a non essere stato danneggiato. Il sito Internet yeshuvnik.net ha scritto che «lei è stata la prima in tutto lo Stato di Israele a rendersi conto di ciò che stava accadendo. Ha corso come una pazza di casa in casa, ha organizzato un'unità di autodifesa, ha organizzato degli agguati contro la recinzione».

Un'altra storia a «lieto fine», se mai si può dire in un contesto del genere, è quella delle 30 persone del kibbut Ein Hashlosha, inizialmente date per morte ma salve. «È stato un raggio di luce nell'oscurità» ha detto Yossi Graiber, del comando del Fronte interno.

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