Il tragico attentato che sabato ha colpito una manifestazione ad Ankara in queste ore divide ancora di più una Turchia già da tempo attraversata da tensioni politiche, sociali e militari. Il bilancio ufficiale della strage è di 95 morti anche se la leadership dell'Hdp, il partito democratico del popolo, movimento curdo tra gli organizzatori della marcia di sabato, ha dichiarato che la cifra sarebbe ancora più alta: 128 le persone uccise (tra cui un bimbo di nove anni) da due kamikaze, stando alle parole del capo del partito Chp di opposizione, Kemal Kiliçdaroglu, dopo aver incontrato il premier Ahmet Davutoglu. Un'informazione che contrasta con la notizia (ufficiosa) che ieri circolava su diversi media turchi, secondo la quale uno degli attentatori sarebbe di sesso femminile.
Il primo ministro aveva già spiegato a poche ore dalla strage come le indagini delle autorità turche puntassero su tre piste: quella legata a un attacco dello Stato islamico, quella del Pkk, il partito dei lavoratori curdo, e quella della sinistra radicale. Alcune fonti della sicurezza hanno rivelato però alla stampa internazionale come le similarità tra questo attentato e quello che a giugno, nella cittadina di Suruc, al confine della Siria, uccise trentadue attivisti faccia prevalere la pista dell'autoproclamato Califfato. Quella strage era stata attribuita dalle forze dell'ordine alle milizie jihadiste. Poche settimane prima, un altra manifestazione di attivisti curdi, a Diyarbakir, era stato presa di mira con un attentato. Milizie curde in Siria e Irak combattono da mesi, con l'appoggio americano, lo Stato islamico. Nessuno per ora ha tuttavia rivendicato l'attacco sanguinoso di sabato scorso, i cui effetti stanno frantumando un Paese già diviso.
Migliaia di persone, ieri, sono scese in strada nella capitale turca, nei pressi del luogo della strage, vicino alla stazione centrale di Ankara, per ricordare le vittime e per manifestare contro il governo. «Erdogan assassino», «governo assassino», le invettive contro il presidente e il suo esecutivo. Ci sono stati momenti di forte tensione tra manifestanti e polizia, con gli agenti che hanno esploso gas lacrimogeni contro la folla che voleva mettere fiori e corone sul luogo della strage.
Le opposizioni accusano la leadership turca di non aver saputo prevenire l'attentato, di aver creato un clima di tensione, a pochi giorni dalle cruciali elezioni anticipate in cui gli islamisti moderati dell'AKP tentano di riprendersi la maggioranza parlamentare persa a giugno. Tra gli oppositori politici monta l'accusa nei confronti di Erdogan di istigare le divisioni interne con la ripresa a giugno delle ostilità dopo due anni di tregua nei confronti del Pkk. E ieri, in risposta all'attacco terroristico, il governo ha risposto sia sul fronte dello Stato islamico, facendo arresti nelle cittadine di Konya, in Anatolia, e Antalya, sulla costa, sia contro le milizie curde del partito dei lavoratori - considerate un gruppo terroristico da Ankara, Stati Uniti e Unione europea - bombardando le loro posizioni.
Il giorno prima, dopo l'attacco nella Capitale, il movimento aveva dichiarato un'attesa tregua in vista delle elezioni del primo novembre. E nel Paese c'è già chi si chiede se sarà possibile in un clima simile garantire la sicurezza durante il voto, benché le autorità abbiano già fatto sapere che l'appuntamento elettorale non sarà posticipato.
Il presidente ha dovuto indire il voto anticipato dopo non essere riuscito per
mesi a formare una coalizione di governo. All'appuntamento di giugno, per la prima volta, il suo partito, l'Akp, ha perso la maggioranza dei seggi e per la prima volta il movimento curdo Hdp è invece entrato al Parlamento.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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