La strana gara dei candidati a nascondere i giusti guadagni

Esiste una ricchezza giusta, legittima, da valorizzare. E Roma non può rinascere senza la consapevolezza di questo

La strana gara dei candidati a nascondere i giusti guadagni

Nel corso del dibattito televisivo che ha visto confrontarsi i maggiori candidati alla carica di sindaco di Roma (da Virginia Raggi ad Alfio Marchini, da Giorgia Meloni a Roberto Giachetti), a un certo s'è aperto un curioso siparietto durante il quale ognuno è parso voler persuadere il pubblico di non possedere nulla, o quasi. È risultato del tutto evidente dal comportamento strategico di questi signori in cerca del voto dei cittadini romani che il nostro è ormai un Paese che demonizza la ricchezza. Almeno sul piano retorico.

È serio tutto questo? Assolutamente no, dato che gli esseri umani sono da sempre impegnati a sconfiggere la miseria: così da disporre di un tetto, di qualcosa da mangiare, di abiti con cui vestirsi. Esiste un'intera scienza, l'economia, che studia appunto come si possa aiutare una popolazione a vincere la povertà. Finora, nonostante i teorici della decrescita, una disciplina volta a ridurre tutti in povertà (dichiaratamente, volontariamente) non si è mai imposta.

Parlare dei bisogni da soddisfare, peraltro, non basta, perché gli uomini non si sono mai limitati a ciò, ma in primo luogo hanno sempre cercato di corrispondere ai loro desideri e ai loro sogni. Perfino i grandi papi del Rinascimento sapevano bene che ci voleva molto oro per finanziare l'opera dei maggiori artisti del tempo. Sapevano che una Chiesa senza ricchezza non può costruire la cupola del Brunelleschi o il porticato del Bernini. La ricchezza va insomma apprezzata, anche se essere ricchi comporta certamente grandi responsabilità di ordine morale.

Il pauperismo d'accatto dei nostri tempi è allora davvero un segnale. Al giorno d'oggi il denaro è tanto demonizzato perché è comune ritenere che quanti fanno i soldi sono delinquenti. Per molti il capitalismo avrebbe la colpa di arricchire talune persone e c'è di tutta evidenza un residuo in qualche modo marxista in una visione che identifica profitto e sfruttamento.

Oltre a ciò, però, è possibile leggere in questa condanna del denaro, ingiustificata in un'economia di mercato, la chiara consapevolezza che in una società come quella italiana ad alta tassazione e alto intervento pubblico si diventa ricchi molto più facilmente grazie a privilegi, ruberie, finanziamenti e appalti pubblici.

Eppure va detto con forza esiste una ricchezza giusta, legittima, da valorizzare. E Roma non può rinascere senza la consapevolezza di questo.

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