Quella strana moda tra abiti di carta e creature dolenti

Sulla passerella di Issey Miyake pezzi unici in "Washi paper" come origami

Quella strana moda tra abiti di carta e creature dolenti
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Qualcuno ha detto che la normalità è la follia degli incapaci. Lo pensano anche gli stilisti che in questi giorni presentano a Parigi le collezioni donna per la prossima estate. Da qui al celebre «famolo strano» di Verdone il passo è breve ma letale anche se quelli davvero bravi non ci cascano. È il caso di Satoshi Kondo, direttore creativo di Miyake, ossessionato dalla ricerca tessile e materica per costruire abiti che non sono mai banali. Satoshi stavolta parte dalla carta, materiale onnipresente nella vita quotidiana soprattutto in Giappone. Qui da 10 secoli viene prodotta la cosiddetta Washi Paper, una carta artigianale. Ecco quindi che in collezione compaiono svariati modelli in carta Washi ottenuta dalla canapa. Il risultato è poetico perché ogni capo è un pezzo unico e ha lo stesso design tridimensionale degli origami. Imperdibili i trench e i modelli della serie EAU progettati con un tessuto morbido e trasparente fissato all'interno per evocare tra pieghe e drappeggi il movimento. Loewe sfila poco lontano da Miyake nel solito padiglione costruito nel cortile del Castello di Vincennes, a un'ora abbondante di macchina dal centro di Parigi. Stavolta J. W. Anderson che tra l'altro festeggia 10 anni di successi alla guida creativa del marchio controllato dal Gruppo LVMH, indaga sull'effetto del silenzio sulle persone e tenta di trasferire questo concetto alla moda. Il risultato è piuttosto interessante soprattutto perchè si tratta spesso di abiti a campana, con orli irrigiditi da strutture interne che li tengono scostati dal corpo e quindi non consentono incontri troppo ravvicinati. In questo spazio intimo si recuperano così le cose che alimentano la nostra anima: l'arte di Van Gogh, la musica di Bach, un prato pieno di fiori, quel tipo di bellezza che secondo Dostoevskij salverà il mondo. Per Rick Owens non c'è niente di bello in un mondo che sta vivendo due guerre e la moda ha quasi il dovere di mettere in scena uno spettacolo potente e dolente in parti uguali. Lo show si svolge infatti all'aperto nell'unico momento in cui Parigi - flagellata da giorni dalla pioggia battente - mostra un angolo di cielo azzurro. Sulle note drammatiche dell'overtoure del Tristano e Isotta di Wagner sfila un'umanità che il designer americano chiama «creature fiammeggianti». Tra loro i più strambi tra gli studenti delle scuole di moda di Parigi e amici della maison come una modella alta due metri e Allanah Stan, regina en travesti delle notti parigine e dei film porno sui trans. Si torna a un'idea di moda consolatoria basata sulla bellezza e sulla presunta normalità di chi può spendere cifre da capogiro per vestirsi da Schiaparelli dove il designer Daniel Roseberry parla di «future Vintage», ovvero abiti che possono passare dalle madri alle figlie e poi alle nipoti. Più facile che succeda con le divine scarpe e borse create da Gherardo Felloni per Roger Vivier e presentate nel palazzo del '700 in cui ha sede l'ambasciata italiana a Parigi e dove ieri faceva bella mostra di sé una riproduzione vegetale della Tour Eiffel realizzata in arte topiaria. Da Nina Ricci sfila un tipo di femminilità iperbolica e con pochi riscontri nella realtà.

Il marchio appartiene al colosso cosmetico spagnolo Puig ed è disegnato da Harris Reed, 28 anni, capelli rossi fino alla vita e un processo di transizione sessuale ben avviato oltre che figlio del produttore di documentari da Oscar Nicholas Reed.

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