Ecco la soluzione. «Cloniamolo», dice un ministro di prima fila. «Un drago non basta, ce ne servono due». Non si può? Ecco allora il piano B, l'ultima trovata: Mario Draghi al Quirinale e Daniele Franco al suo posto a Palazzo Chigi. Del resto, a sei mesi quasi dalla scadenza del mandato di Sergio Mattarella, di voci ne girano di tutti i generi. Idee, conti senza gli osti, chiacchiere in libertà. Eppure al trasloco qualcuno ci crede davvero, o ci punta, ad esempio i tanti parlamentari che non vogliono le elezioni anticipate: tra sondaggi in picchiata e legge «taglia-onorevoli», più della metà non ha speranze di essere riconfermato. Senza parlare della pensione, che scatta soltanto dopo quattro anni e sei mesi di legislatura.
Così, per rinforzare l'ipotesi, per tenere in caldo la pista, si citano gli illustri precedenti di ministri dell'Economia trasferiti alla presidenza del Consiglio: da Luigi Einaudi a Giovanni Goria, da Lamberto Dini a Carlo Azeglio Ciampi. Si fa presente che con il fedele Franco a Palazzo Chigi, Draghi continuerebbe a tenere d'occhio il dossier del Recovery Fund e i relativi miliardi europei. E si registra la confermata indisponibilità del capo dello Stato a un bis. Mattarella è culturalmente e politicamente contrario a un secondo incarico e lo ha ripetuto in pubblico più volte. «L'Italia è una Repubblica e non un regno». Il precedente di Giorgio Napolitano, trattenuto al Quirinale dai partiti incapaci di trovare un successore, chiude ancora di più la strada: se un'eccezione si ripete a distanza di pochi anni, questo il suo pensiero, diventa una regola. Infatti il Colle ha già dato il via alle visite di congedo: il 16 l'udienza da Papa Francesco, poi in autunno le visite a Madrid e Berlino, forse pure a Parigi e Bruxelles.
Certo, anche il fantomatico «partito di Franco» spera che alla fine Mattarella ci ripensi e che, spinto dalla volontà popolare e dalla necessità di non terremotare il quadro, resti in carica fino alle elezioni del 2023, dando al premier il tempo di finire il lavoro e ai parlamentari altri due anni circa di sopravvivenza: una cosa è schierare Draghi, un'altra il ministro dell'Economia. Pd, Lega e Cinque stelle, visti i chiari di luna, non hanno poi interesse ad accelerare la pratica del voto. Ma se il capo dello Stato continuerà a chiamarsi fuori, i partiti dell'attuale maggioranza dovranno trovare una figura autorevole che garantisca il patto interno e i rapporti con l'Europa. Chi dunque se non SuperMario?
Ma c'è un problema: che ne pensa il diretto interessato? Finora il presidente del Consiglio ha sempre dribblato la questione, l'ha evitata come la peste, e del resto sarebbe strano il contrario. Intervenire su un problema così delicato, molto politico, con Mattarella in carica Di sicuro Draghi, che ha più un profilo d'azione che di rappresentanza, che è vistosamente più tagliato per Palazzo Chigi che per il Quirinale, ha preso l'incarico di governo con «ardore» e adesso vuole completare la missione, salvare l'Italia dalla crisi; e non sembra avere alcuna intenzione di lasciare il lavoro a metà. Però, hai visto mai, tutto può succedere, come dimostrano gli avvenimenti politici e le strane alleanze degli ultimi anni.
Oggi il premier è il punto di equilibrio della coalizione di unità nazionale, l'unico possibile.
Ma domani? Dopo le amministrative? A gennaio, quando dal Totoquirinale si passerà alla vera corsa? «Il governo vive finché avrà l'appoggio del Parlamento», ha spiegato Draghi la settimana scorsa durante l'ultima conferenza stampa. Insomma, basta chiacchiere, qui c'è un Paese da mettere in sicurezza. In attesa di clonazioni.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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