Una coerenza a tutta prova: era questo - un tempo - il mantra irrinunciabile dei Cinque Stelle. La granitica pietra d'angolo su cui fondare ogni dichiarazione di purezza, ogni promessa elettorale di incorruttibilità e di trasparenza.
Eppure non sono passate che poche ore dalla chiusura delle urne al termine di un voto che li ha incoronati trionfatori che già i grillini fanno a gara a chi infrange più tabù e calpesta quelle che per anni erano sembrate parole d'ordine inviolabili. Il Messaggero ne fa il conto.
Partiamo ad esempio dallo streaming, che doveva essere la prima arma per aprire il Parlamento "come una scatoletta di tonno" e regalare ai cittadini uno sguardo chiaro su quello che solitamente avviene all'interno di stanze segrete e ben chiuse a chiave. Un tempo totem irrinunciabile e ora dimenticato. Così come è stato dimenticato il divieto assoluto di partecipare ai talk show televisivi, una volta colpiti da anatema e ora location abituali per candidati ed eletti a Cinque stelle.
Candidati ed eletti fra cui abbondano i giornalisti, da Carelli a Paragone, esponenti di una categoria a cui solo pochi mesi fa il garante politico Beppe Grillo si rivolgeva esprimendo il desiderio di "mangiarli per il solo gusto di vomitarli". Nel MoVimento sempre meno di lotta e sempre più di governo, però, non c'è più niente che possa dare la nausea: nemmeno le alleanze politiche - ora pudicamente ribattezzate "accordi" - con partiti ripetutamente definiti nei modi più irripetibili. Fino all'altro ieri la corsa in solitaria era un dogma categorico; oggi Di Maio mendica alleanze a destra e a sinistra pur di racimolare i parlamentari necessari a formare una maggioranza di governo.
Infine c'è la recente conversione al garantismo, scoperta nuova per un movimento che sembrava voler "ghigliottinare" (politicamente, s'intende) chiunque fosse anche solo indagato e che invece ora pare aver rivisitato questa teoria a favore di una linea più morbida adottata, guarda caso, quando i primi avvisi di garanzia hanno iniziato a raggiungere anche i
pochi eletti.Ma l'Italia, si sa, è un Paese dove la memoria storica è un bene poco diffuso e per questo dire una cosa e smentirla nei fatti il giorno dopo è sempre qualcosa di concesso. Anche al momento di formare il governo.
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