Prima lo stupro, poi le botte Ma l'immigrato resta libero

Un gambiano 26enne era il mediatore culturale del centro profughi di Ragusa. Le violenze su una ospite

Prima lo stupro, poi le botte Ma l'immigrato resta libero

Prima la stupra, poi la minaccia di morte e la massacra di botte per non farle denunciare quanto era accaduto. E c'era perfettamente riuscito. Con la mascella, uno zigomo e le ossa nasali rotte, la vittima era tanto terrorizzata per quanto aveva subito e per le minacce ricevute, che aveva tenuto per sé l'angosciante verità. Ma i medici che le hanno prestato le prime cure hanno chiamato la polizia e l'orrore è venuto fuori in un racconto drammatico, di paura e dolore da parte della vittima.

Lo stupratore è un 26enne originario del Gambia (di lui sono state rese note solo le iniziali: A.S.). Non era un immigrato qualunque giunto in Sicilia e ospite di un centro di accoglienza, ma l'allora mediatore culturale della struttura di Ragusa in cui la vittima era ospite come richiedente asilo.

Era dunque la figura professionale che avrebbe dovuto lavorare a stretto contatto con gli immigrati per facilitare il loro processo di integrazione culturale. Ma nulla di più così lontano dal suo modo di fare. Secondo la ricostruzione fatta dalla squadra mobile di Ragusa, infatti, il 26enne, lo scorso maggio, ha abusato della donna che se ne stava per i fatti suoi a cucinare. Poi l'ha minacciata di morte se avesse parlato. Il giorno dopo le si è avvicinato accusandola di avere violato una regola del centro.

Quel suo approcciarsi a lei ha fatto scattare la reazione della vittima come tentativo di salvaguardia della propria incolumità. Così, temendo di subire una nuova violenza sessuale, la donna ha detto al mediatore culturale di non toccarla perché era pronta a denunciare la violenza subita il giorno prima. E a quel punto lui non ci ha visto più. Le si è avventato contro spaccandole letteralmente la faccia. La donna è stata soccorsa e trasportata d'urgenza in ospedale a Ragusa. Qui ha raccontato ai medici della lite, in cui lei aveva avuto la peggio, riportando la frattura di ossa nasali, della mascella e di uno zigomo, ma non ha fatto cenno della violenza sessuale subita il giorno prima. Gli investigatori della mobile, chiamati nel nosocomio, hanno intuito che dietro quell'aggressione e quelle parole concitate della vittima ci fosse dell'altro.

I poliziotti, specializzati in questo genere di reato, hanno allora ascoltato la donna alla presenza di una psicologa. C'è voluto un po' prima che la vittima si fidasse e si sentisse al sicuro. Ma alla fine si è tolta il peso del segreto che aveva tenuto dentro, temendo di morire. Nel frattempo, il mediatore culturale, che non lavorava più in quella struttura per richiedenti asilo, era andato via da Ragusa e aveva fatto perdere le proprie tracce.

Venerdì, lavorando in collaborazione con l'ufficio immigrazione della questura iblea, la squadra mobile ha rintracciato il gambiano, che si trovava ancora in terra iblea. La misura cautelare disposta per lui dal giudice per le indagini preliminari di Ragusa, su richiesta della procura, è il divieto di avvicinamento alla vittima e l'obbligo di dimora nel Comune in cui abita.

Il ministro dell'Interno, Matteo Salvini, chiede una misura ben diversa. «Carcere duro ed espulsione dice - per questa bestia» e aggiunge: «Gli animali sono meglio».

Poi sferra il colpo contro il presidente della Camera, Roberto Fico, e i buonisti di questi ultimi anni: «Altro che risolvere il problema con amore, gessetti, girotondi o sorrisi». Sul caso interviene anche la presidente di Fratelli d'Italia Giorgia Meloni: «Ci vuole tolleranza zero. Anche in difesa delle donne africane».

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