"Un successo, ma i tempi sono ancora lunghi"

Il fisico del Cern: "Sulla carta è l'ideale, ma per produrla i costi sono spropositati"

"Un successo, ma i tempi sono ancora lunghi"

Certo, l'immagine della «mini-stella» che produrrebbe energia a basso costo e pulita per tutti, a imitazione del nostro Sole, ha subito attirato l'attenzione (dei sognatori e degli scienziati) e acceso le speranze (di chi paga bollette sempre più salate...). Guido Tonelli, fisico del Cern, dove ha guidato uno dei due team che hanno stanato il bosone di Higgs (a Stoccolma c'era anche lui, quando hanno dato il Nobel a François Englert e Peter Higgs), professore all'università di Pisa, autore di libri bellissimi come La nascita imperfetta delle cose, Genesi e Tempo, è un esperto dei grandi esperimenti di fisica. E, di fronte a quello realizzato al reattore sperimentale europeo di Culham, riconosce il progresso, ma rifugge «l'eccesso di trionfalismo».

Professor Tonelli, perché questo successo è considerato così importante?

«Innanzitutto bisogna fare attenzione a una cosa: nel campo della fusione si sono raggiunti spesso successi parziali, che hanno avvicinato all'obiettivo, ma che ci lasciano ancora lontano dal raggiungerlo».

E quindi?

«Credo ci sia un po' troppa enfasi, un eccesso di trionfalismo. Da studente, quindi parliamo di cinquant'anni fa, già sentivo dire che, nel giro di pochi anni, ci sarebbero stati i reattori a fusione... Il fatto è che si tratta di una tecnologia difficile e complicata, anche se negli ultimi tempi sono stati raggiunti due grandi successi».

Quali?

«Uno è appunto questo, in cui si è riusciti a produrre energia per un tempo limitato. L'esperimento è molto importante perché dimostra che possiamo farlo. Ma, per innescare la fusione, servono temperature elevatissime e, quindi, una quantità enorme di energia. I costi sono spropositati, anche perché non esistono impianti industriali, siamo ancora sul piano della ricerca».

L'altro successo?

«La produzione di un campo magnetico elevato. Anche questo è utile perché si lavora sul plasma, un gas ionizzato che dobbiamo confinare e portare a temperature mostruose, perciò servono campi magnetici molto potenti. Ma per raggiungere una stabilità nella produzione di queste energie c'è da lavorare parecchio...»

Però sarebbe davvero una rivoluzione?

«Sì. L'idea di riprodurre il meccanismo di produzione di energia del Sole, che è come una enorme centrale nucleare, è bellissima: potremmo ottenere energia con un carburante infinito, senza ricorrere a uranio, carbone, olio combustibile o gas. È una sorgente illimitata. Mentre i problemi di scorie, che pur esistono, sono limitati e i livelli di radioattività irrisori. Quindi sarebbe una rivoluzione, se riuscissimo a padroneggiare la tecnologia».

È così complessa?

«Basti pensare che è stato ottenuto il doppio dell'energia generata 25 anni fa, nella stessa macchina. La velocità dei progressi è inferiore a quanto ci aspettassimo: siamo lontani dall'avere centinaia e centinaia di reattori a fusione come forma di produzione di energia, virtualmente poco inquinante, con impatto limitato... Che si presenta come ideale ma, se uno sogna di averla fra cinque anni, beh, è un sogno, appunto. Serviranno alcuni decenni».

Questa produzione comporterebbe problemi?

«No. Le centrali a fusione sono più sicure perché, se succede qualcosa, la reazione si ferma. Infatti si fa fatica a innescarla: gli scienziati sono felici perché è proseguita per 5 secondi. Il problema però è proprio la stabilità che serve a far funzionare il meccanismo. Non esiste un primo reattore sperimentale, che funzioni».

E quindi questo esperimento...?

«Sulla

carta, questa tecnologia ha tutto ciò che serve per essere quella del futuro, ma è intrinsecamente molto più complicata di quanto sperassimo. E questo esperimento è sicuramente una cosa positiva, ma eviterei la grancassa».

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