Pochi giorni fa il nome di Grover Norquist è balzato agli onori delle cronache italiane dopo l'incontro con il ministro degli Interni Matteo Salvini durante la sua visita negli Stati Uniti. Ispiratore della riforma fiscale di Trump, Norquist è un'istituzione nel mondo economico americano; nel 1985, su indicazione dell'allora presidente Ronald Reagan, fondò l'Americans for tax reform, un think tank e gruppo di pressione diventato famoso per aver promosso il «Taxpayer Protection Pledge», un documento sottoscritto dai politici americani (senatori, governatori, membri della Camera dei rappresentanti) che si impegnano, se eletti, a non votare provvedimenti che prevedano l'aumento delle tasse. L'Atr (sigla del think tank) è vicino al Partito Repubblicano ma negli anni ha acquisito autorevolezza grazie alla propria indipendenza anche nei confronti dei politici repubblicani che non hanno rispettato l'accordo sottoscritto, denunciandolo pubblicamente come avvenuto con Bush senior che non venne rieletto a causa dell'aumento delle tasse federali. Tra i più stretti collaboratori di Norquist c'è anche un italiano, il reggiano Lorenzo Montanari che è responsabile relazioni internazionali e advocay dell'Atr, una mente brillante che potrebbe svolgere un ruolo di primo piano nella creazione di un think tank conservatore in Italia di cui oggi si sente la mancanza. Incontriamo Grover Norquist nella sede dell'Atr a pochi isolati dal centro del potere americano e dalla Casa Bianca dove ogni mercoledì si svolgono i «Wednesday Meeting», incontri settimanali a cui partecipano più di 120 politici, giornalisti, opinion leader statutinensi.
Norquist, qual è il segreto dei successi delle politiche economiche di Trump?
«Le politiche fiscali e l'occupazione sono senza dubbio i principali successi di Trump che è un conservatore come Ronald Reagan sui temi fiscali e sulla deregulation. In alcuni casi come le politiche sul lavoro e l'occupazione è addirittura più conservatore di Reagan, ma ci sono due punti su cui Trump si differenzia da Reagan: l'immigrazione e le politiche commerciali».
Ritiene giusta la guerra commerciale di Trump nei confronti della Cina?
«È una questione delicata, in linea generale non sono favorevole alle guerre commerciali, sappiano quando cominciano ma non quando finiscono, inoltre alla lunga il danno ai cinesi rischia di essere minore rispetto a quello per l'economia americana. Ciò detto è evidente che in Cina non c'è il rispetto della proprietà intellettuale e delle regole democratiche».
Un'ultima domanda sulla politica americana: Trump vincerà le elezioni del 2020?
«Ha il 50% delle possibilità. Se ci soffermiamo sui fatti, l'economia è in una situazione ottima, i repubblicani sono uniti mentre i democratici sono divisi, non sono in corso guerre e non ci sono scandali, manca però troppo tempo per una previsione corretta».
Veniamo ora all'Europa, qual è la sua opinione sulle politiche dell'Unione europea?
«Gli Stati Uniti si basano sul federalismo, ogni stato ha la libertà di applicare le tasse che ritiene opportune. L'Unione europea si basa invece sulle scelte della Francia e della Germania che hanno un proprio progetto e cercano di far rimanere indietro le altre nazioni, alcune decisioni dell'Ue negli ultimi anni verso nazioni come l'Italia e la Polonia spaventano, così come la Brexit che è un fallimento dell'Ue».
In Italia si è molto parlato del suo incontro la scorsa settimana con Matteo Salvini, di cosa avete parlato? Le ha dato qualche suggerimento?
«Abbiamo parlato soprattutto di flat tax e di federalismo, inoltre ci siamo soffermati sul tema delle riduzione delle tasse nel vostro paese».
Quindi una flat tax al 15% potrebbe funzionare?
«La flat tax funziona già in molti importanti stati come la Russia, a Singapore, nell'est Europa e in vari stati americani, non vedo perché non dovrebbe funzionare in Italia».
Pensa che una nazione come l'Italia possa uscire dall'Unione europea?
«In futuro potrebbe essere una possibilità, oggi si dovrebbero evitare nuove tasse come la web o digital tax che, dopo essere stata bocciata
a livello europeo, è oggi al vaglio dei singoli stati con una proposta di tassare le grandi aziende del web del 3% sul fatturato, una tassa a tutti gli effetti contro gli Stati Uniti che l'Italia non dovrebbe applicare».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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