Almeno il 20 per cento degli stranieri irregolari lavora al Sud come bracciante al nero. Un dato che emerge da un rapido calcolo ottenuto analizzando i dati dei vari rapporti annuali. In due anni sono approdati in Italia circa 100mila immigrati clandestini: 34mila nel 2020, 63.062 dal 1 gennaio 2021 a oggi, più 5mila afghani trasportati dalle nostre Forze armate durante l'emergenza in quel Paese. Ma quanti di questi lavorano e quanti sono stati rimpatriati? Le risposte sono poco confortanti. Partiamo dal numero di coloro che sono stati rispediti nei Paesi di provenienza. Sono stati 2.231 da inizio anno al 15 novembre scorso, ovvero appena il 49,7 per cento dei migranti trattenuti nei centri di rimpatrio (4.489). Nel 2020 furono il 50,89 per cento. Tra i motivi che ne hanno impedito il rimpatrio ci sono l'arresto, l'allontanamento arbitrario, la mancata identificazione o la mancata convalida del fermo da parte dell'autorità giudiziaria allo scadere del termine.
Secondo i dati del Dipartimento della pubblica sicurezza elaborati dal Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, Mauro Palma, ed esposti durante un recente workshop, su «2.231 rimpatri di quest'anno la maggioranza (71,8%) sono stati effettuati verso la Tunisia con 1.602 persone, 259 verso l'Egitto, 142 verso l'Albania, 53 verso la Romania, 30 verso la Georgia».
La maggior parte di chi resta e richiede asilo viene ospitata in uno dei 5mila centri di accoglienza presenti sul territorio nazionale che hanno, secondo quanto riportato sul sito del Viminale, una capienza totale di circa 80mila posti. Queste persone rimangono nei centri, mantenute dallo Stato italiano, per il tempo necessario «per le procedure di accertamento dei relativi requisiti, diversamente, vengono trattenuti in vista dell'espulsione». Espulsione che non avviene quasi mai, viste le ingenti difficoltà. Solo il 10/15 per cento alla fine ottiene la protezione internazionale. Peraltro, di recente il governo Draghi ha aumentato la dotazione finanziaria dei capitoli di spesa necessari a sostenere le politiche di accoglienza per i richiedenti asilo. Fino al 2023 potranno essere spesi sino a «100 milioni di euro per rispondere ai bisogni di chi entra nel Paese e richiede protezione».
Insomma, i clandestini gravano sulle spalle degli italiani. Una volta ottenuta o meno la protezione internazionale, c'è chi si cerca un lavoro. E può accadere come a Foggia, dove centinaia di migranti irregolari vengono sfruttati dai caporali a fronte di un guadagno di non più di 5 euro all'ora per raccogliere frutta o verdura. Un sistema che porta solo degrado, perché laddove non si sia in grado di bloccare l'immigrazione clandestina, si creano inevitabili sacche di criminalità, con gente che bivacca, delinque, si arrangia come può non rispettando le regole. Una situazione vergognosa in quello che dovrebbe essere un Paese civile e che vede costrette le Forze dell'ordine a un super lavoro per bloccare comportamenti illeciti.
Secondo un recente rapporto governativo, la «popolazione straniera residente in Italia al 1° gennaio 2021 ammontava a 5,036 milioni. Rispetto al 2020, è rimasta sostanzialmente stabile (-4 mila; -0,1%)».
A questa, però, vanno aggiunti i circa 600mila irregolari non censiti, molti dei quali lavorano al nero come braccianti nei campi (al Sud almeno il 20 per cento), come badanti o colf. Gli occupati stranieri regolari in Italia, invece, sono attualmente «2,3 milioni, circa il 10% del totale».
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