Dal nostro inviato a Messina
La diplomazia italiana ha fatto il possibile per cercare di far passare la versione del «buon compromesso», ma è piuttosto evidente che è il negoziato sull'immigrazione a rappresentare la grande sconfitta politica dell'Italia a questo G7. Il disaccordo, infatti, è così profondo che ieri pomeriggio si perfino ipotizzato di non mettere agli atti un comunicato congiunto sul tema, limitandosi invece a una breve dichiarazione dei leader. Quasi certamente non accadrà, ma resta comunque il fatto che su un fronte tanto delicato l'Italia va incontro ad un insuccesso destinato a portarsi dietro conseguenze concrete. Soprattutto per un Paese come il nostro, dove ogni anno arrivano all'incirca 200mila migranti.
Sul punto, peraltro, Paolo Gentiloni si è speso non poco. Come ha spiegato lo stesso premier italiano, infatti, la scelta stessa di Taormina per il summit ha una valenza simbolica visto che la Sicilia «rappresenta un ponte tra le due sponde del Mediterraneo». La linea italiana, sostenuta dai partner europei ma anche dal Canada, non ha però convinto gli Stati Uniti ed è stata archiviata l'ipotesi di arrivare ad una dichiarazione congiunta nella quale si dica che tutto il mondo, e non le singole nazioni, hanno la responsabilità della crisi dei rifugiati.
Sul punto Donald Trump non ha arretrato di un metro e alla fine al summit di Taormina va prevalendo l'approccio securitario statunitense rispetto a quello solidale dell'Ue. Così, l'ultima bozza del documento finale che girava ieri sera non andava oltre il certificare che «vengono riaffermati i diritti sovrani degli Stati di controllare i loro confini e fissare chiari limiti ai livelli di immigrazione». Insomma, ognuno per sé nella gestione delle proprie frontiere. Con solo un semplice e banale passaggio di circostanza sulla necessità di «rispettare» i diritti dei migranti.
Nessun accordo, dunque. Evidentemente non aveva torto il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk quando ha definito quello di Taormina «il vertice più impegnativo tra i G7 degli ultimi anni». Anche Gentiloni, peraltro, non ha negato «divergenze» su diversi fronti. D'altra parte, non solo sull'immigrazione ma anche sul clima non c'è stato alcun passo avanti. Sul punto la discussione è stata sospesa, perché sul destino degli accordi di Parigi a ieri sera ancora non c'era una posizione comune. «L'amministrazione Usa ha in corso una riflessione interna di cui gli altri Paesi hanno preso atto confermando il loro impegno totale», ha spiegato il premier italiano. Mentre Angela Merkel ha invitato esplicitamente gli Stati Uniti a rispettare l'accordo. Insomma, il punto è capire se Washington deciderà di dare attuazione completa ai protocolli di Parigi.
E pure sul commercio la distanza tra l'inquilino della Casa bianca e i partner è stata ammessa implicitamente dallo stesso consigliere economico di Trump, Gary Cohn. Anche su questo fronte la situazione resta sostanzialmente di stallo.
L'unico passo avanti, scontato dopo i tragici fatti di Manchester, è l'accordo sulla lotta al terrorismo. Per quanto l'intesa fosse annunciata, il risultato è importante, tanto che pure il capo dello Stato Sergio Mattarella lo definisce «una risposta ambiziosa».
Il G7 si impegna infatti a continuare con maggiore determinazione nella lotta al terrorismo, pressando anche i grandi internet service provider perché si dotino degli strumenti necessari per evitare che su internet finiscano contenuti che spesso anticipano o fanno da amplificatore agli atti terroristici. Un punto, questo, su cui molto si è speso il primo ministro inglese Theresa May. Per sconfiggere il terrorismo ha detto è fondamentale passare dai campi di battaglia al web.
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