“Gli errori del governo hanno compromesso la sicurezza dello Stato e dell’Unione Europea”. Due anni dopo il focolaio all’ospedale di Alzano, siamo ancora qui. A discutere di colpe, di responsabilità, di verità. La procura di Bergamo lavora sulla perizia di Andrea Crisanti, secondo cui ci fu nesso eziologico tra la strage del 2020, la tardiva zona rossa e la mancata applicazione del piano pandemico. Si vedrà se e quando la procura procederà. Ma al netto di eventuali avvisi di garanzia, che forse arriveranno e chissà se toccheranno i vertici politici dello Stato, secondo Robert Lingard -consulente familiari vittime del covid - ci sono ancora molti lati oscuri da chiarire su quella drammatica stagione.
Lingard, che effetto fa pensare che dopo due anni siamo ancora qui a discutere di chi siano le colpe?
“Questa domanda merita una non risposta. Come quella che le istituzioni hanno dato ai cittadini in questi due anni: una ‘non risposta’ sulle responsabilità. L’unica cosa emersa è il tentativo protratto e amplificato di riscrivere la storia, de-responsabilizzando le autorità, sulla base di quella che io chiamo la ‘dottrina della fatalità’”.
Che cosa intende per “dottrina della fatalità”?
“A livello istituzionale, in particolare il ministro Speranza, si vuol far passare l’idea che quanto successo sia stato uno tsunami, un evento imprevisto. E invece a livello documentale emerge tutt’altro”.
Cosa?
“Che le persone che hanno omesso di realizzare quanto spettava loro, come aggiornare il piano pandemico o prendere determinate decisioni, hanno di fatto compromesso la sicurezza dello Stato”.
Addirittura.
“Il piano pandemico del 2006 diceva chiaramente che le pandemie rappresentano una minaccia per la sicurezza dello Stato. E anche il ministero dell’Interno ha negato la visione dei suoi atti sulla mancata zona rossa in Val Seriana facendo leva su questioni di sicurezza nazionale”.
Quindi?
“La pandemia ha avuto effetti non solo sulla vita di chi non c’è più, ma anche sull’economia di chi è sopravvissuto. Pensate agli effetti delle misure draconiane assunte contro il virus, come il lockdown. Oppure alle imprese che hanno dovuto chiudere o indebitarsi. E alle famiglie, che sono rimaste senza un lavoro. Gli errori delle istituzioni hanno compromesso l’intero sistema Paese”.
Nell’ultimo libro, Pandemonio, Walter Ricciardi sostiene che l’epidemia era prevista dal 1995. Come mai allora non eravamo pronti?
“Dovrebbe dircelo Ricciardi, visto che è stato presidente dell’Istituto Superiore di Sanità e, insieme al ministero, avrebbe dovuto collaborare all’aggiornamento del piano pandemico”.
Sono due anni che combattete per ottenere la verità: quanto manca per raggiungerla?
“Tanto e poco. Dipende. Sul piano penale ci siamo vicini, su quello civile la strada è lunga, su quello istituzionale è lunghissima”.
Perché?
“Basti pensare al sabotaggio fatto sulla mai istituita commissione di inchiesta. Non si vuole indagare su quanto successo. E questo coincide con un disegno politico ben preciso di alcune compagini politiche”.
Quale?
“Quello di far coincidere le responsabilità penali con quelle politiche. Ma non è così”
Perché?
“Qualcuno pensa che se la magistratura di Bergamo non dovesse inviare avvisi di garanzia ad esponenti politici, ma si limitasse a procedere nei confronti dei burocrati dei ministeri, allora si potrebbe assolvere la politica dalla strage. Ma non è così”.
Mi faccia un esempio.
“Poniamo che la procura non riesca a far coincidere la mancata chiusura della Val Seriana con il reato di epidemia colposa. Magari il reato non verrà contestato perché presuppone che intenzionalmente il soggetto diffonda il virus nella comunità. Questo però non significa che i politici non debbano essere biasimati per non aver assunto determinate decisioni. La mala gestio non è reato, ma è una grave responsabilità politica”.
A chi si riferisce?
“Noi abbiamo citato in giudizio sul piano civile la presidenza del Consiglio dei ministri, regione Lombardia e il ministero della Salute. Oltre duemila pagine di documenti testimoniano che la politica non ha fatto quello che le spettava”
.
E quali sarebbero le colpe di Conte e Speranza?
“Io mi occupo di comunicazione. Ricordo le immagini diffuse dai media dagli aeroporti nei primi giorni di caos: si vedevano infermieri vestiti come marziani e passeggeri che attendevano di farsi misurare la temperatura. Sembrava una grande mossa del ministero per bloccare il virus, invece l’Oms dopo la Sars l’aveva definita una misura inefficace in queste circostanze. Servivano tamponi sin da subito, come hanno fatto Australia, Nuova Zelanda e Corea del Sud, e quarantene di 14 giorni all’arrivo. Il costrutto mediatico e comunicativo di quelle ore serviva solo a far vedere che ci si stava muovendo, col tentativo però di nascondere una totale impreparazione”.
Il governo è stato trasparente in questi due anni?
“No. Come è possibile che in uno stato democratico come l’Italia scompaiano dei documenti, come il dossier di Zambon? E perché bisogna fare ricorsi su ricorsi per ottenere dei documenti, come il piano segreto, che sarebbero dovuti essere pubblici? Solo grazie alle nostre battaglie, e agli sforzi del deputato Galeazzo Bignami, abbiamo avuto accesso ai verbali della task force e al piano segreto. Questo è inconcepibile”
Miozzo in un'intervista ha ammesso che sono stati fatti degli errori. Lo stesso ha detto Remuzzi, rammaricandosi di non aver capito subito l’entità del pericolo. Speranza insiste nel dire che non aveva un manuale di istruzioni. Alla fine non è colpa di nessuno?
“Basta andare a rileggersi l’informativa del ministro della Salute del 30 gennaio del 2020, due giorni dopo rispetto a quando Ippolito nella task force suggerisce di far riferimento al piano pandemico. Speranza fa affermazioni allucinanti e dettagliate sulla malattia: aveva bene in mente i pericoli cui stavamo andando incontro.
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