"Sul diritto alla messa sono stata l'unica a dire di no al premier"

La ministra renziana difende la libertà di culto: "Aprono i musei, perché le chiese no?"

"Sul diritto alla messa sono stata l'unica a dire di no al premier"

Un grave errore. Teresa Bellanova, ministro renziano delle politiche agricole, lo ripete più volte nel corso di questa intervista al Giornale. Diretta e a tratti ruvida, come è nel suo stile: «Bloccare le messe è stato un grave errore, ancora di più in un momento drammatico in cui è in gioco la qualità della democrazia».

Ministra, aprono gli uffici e i musei, ma le funzioni religiose restano proibite.

«È incomprensibile. Non possiamo togliere ai cattolici, e lo dico da laica, il diritto di fare la Comunione. Anzi, è proprio davanti a situazioni così difficili che emerge il bisogno di andare in chiesa, di avere un conforto spirituale».

Appunto. Secondo alcuni può bastare la messa in tv.

«Ma no, perché devo pregare nella solitudine della mia casa? Davanti all'altare ci si sente parte di una comunità, si sperimenta fisicamente quell'appartenenza che fra le quattro mura un po' alla volta svanisce».

Ma la paura del virus?

«Io non credo alla scienza a corrente alternata. La scienza ha parlato di distanziamento e protezioni, la Cei ha fatto in tal senso proposte molto sensate: un fedele per banco, niente segno della pace, acquasantiere vuote. Dobbiamo passare alla fase 2, imparare a convivere con il virus, prendendo tutti gli accorgimenti del caso».

Forse c'era la paura di contraddire gli scienziati, visti come i sacerdoti di un nuovo laicismo?

«Non lo so. So che la politica deve prendersi le sue responsabilità. La discussione domenica, nell'incontro con i capidelegazione, è stata lunga e io ho insistito sul punto».

Ministra, ha alzato la voce?

«Ma no, non si tratta di alzare la voce, ma di spiegare le ragioni di una scelta».

Ministra, con chi ha litigato?

«Non ho litigato, però gli altri capidelegazione mi hanno messo in minoranza ma non è detto che la maggioranza abbia sempre ragione».

Conte?

«Ha fatto la sua scelta. Peccato. Anche perché a un certo punto si è collegata con noi la ministra Lamorgese e Lamorgese aveva spiegato la disponibilità della Cei e dei vescovi a rispettare e far rispettare tutte le misure di sicurezza».

Ora la Cei è arrabbiata.

«Non ci voleva questo contrasto d'altri tempi, avremmo potuto risparmiarcelo. Questa è una lesione grave di un diritto fondamentale. Fra l'altro, molte persone vivono sole e magari la messa è l'unica opportunità per rompere quella solitudine».

Come se ne esce?

«Conte ha firmato il dpcm, io spero che Conte torni presto sui suoi passi. Ma questa non é stata l'unica scelta che non condivido. È mancato il coraggio di riaprire i centri per i bambini autistici e disabili».

Le famiglie si ritrovano sempre sole?

«Sì, con un carico pesantissimo di fatica e di dolore. Ma poi noi sappiamo che questi ragazzi migliorano nel confronto e nel rapporto con gli educatori. Stanno meglio, fanno progressi».

Oggi?

«Oggi non a tutti è chiaro che tenerli chiusi in casa può voler dire farli regredire, con un peggioramento complessivo delle loro condizioni e del loro equilibrio. In ogni caso, lo Stato deve farsi carico di queste difficoltà».

Ministra, c'è un'altra questione che le sta a cuore. Lei vuole regolarizzare i braccianti che non hanno il permesso di soggiorno.

«Non solo i braccianti, ma anche le badanti e i tanti che sono occupati in nero e senza documenti nei cantieri».

Ma così non premia l'illegalità e favorisce nuovi sbarchi?

«No, bisogna essere realisti e guardare le cose in faccia. Va sconfitto radicalmente il lavoro nero e il caporalato, e vanno smantellati i ghetti. Si tratta di persone che spesso hanno già lavorato o sono attualmente impegnate anche nelle nostre famiglie. Insomma, hanno iniziato un percorso di integrazione, non sono disperati. Ma magari hanno il documento scaduto, non hanno mai fatto la domanda, o sono in attesa di una risposta da chissà quanto tempo.

Propongo di dare loro un permesso di sei mesi, rinnovabile per altri sei. Anche dal punto di vista sanitario sarebbe un aiuto importante: avremmo più controlli medici e meno rischi di diffusione del virus nel nostro Paese.

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