Suor Anna arrestata per mafia. "I pizzini ai boss dal carcere"

La religiosa accusata di distribuire "ordini, direttive, aiuti morali e materiali" agli 'ndranghetisti della cosca Tripodi

Suor Anna arrestata per mafia. "I pizzini ai boss dal carcere"
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Il Prete pm arresta la suora 'ndranghetista. Non è il brutto copione di un B movie ma il risultato delle indagini della Procura di Brescia. Dopo aver colonizzato economia e politica (coinvolti anche due politici locali, Giovanni Francesco Acri di FdI e Mauro Galeazzi, avrebbero chiesto voti in cambio di appalti e lavori), la mafia calabrese avrebbe affiliato persino una religiosa per distribuire «ordini, direttive, aiuti morali e materiali ai reclusi» esclusi dai colloqui, «risolvendo dissidi e conflitti tra i detenuti» su mandato della famiglia guidata da Stefano e Francesco Tripodi, radicata nel Bresciano e legata alla cosca Alvaro di Sinopoli. «Ma sulla religiosa dobbiamo ulteriormente verificare sul contributo da lei offerto nell'interscambio di notizie dentro e fuori dal carcere», precisa il procuratore capo Francesco Prete parlando di suor Anna Donelli, 57 anni, metà dei quali passati da anni volontaria a San Vittore, Opera e al Beccaria, a Pavia e a Roma, da ieri ai domiciliari.

D'altronde, nell'ordinanza che ha portato in cella 25 persone accusate a vario titolo di estorsioni, traffico di armi e droga, ricettazioni, usura e riciclaggio, aggravati dal metodo mafioso, non ci sono né frasi né intercettazioni dirette che la inchiodano, se non paroline de relato, come un dialogo in cui il presunto boss avrebbe chiesto alla religiosa di incontrare un altro detenuto per comunicargli che lei era «l'amica di Stefano». «Se ti serve qualcosa dentro è dei nostri», dicono di lei i sodali del gruppo, frase che per i pm nasconde un'ipotesi agghiacciante: un patto coi boss. «Attraverso la propria opera di assistente spirituale - scrive il gip - trasmetteva e riceveva informazioni dai detenuti utili per meglio pianificare strategie criminali». La religiosa per gli inquirenti era «pienamente consapevole del potere dei suoi interlocutori». In un altro dialogo intercettato suor Anna avrebbe raccontato di aver rassicurato una nipote coinvolta in un incidente, dicendole che ci avrebbero pensato i suoi «amici». L'operazione, eseguita da polizia, carabinieri e Finanza, ha portato anche al sequestro di oltre 1,8 milioni e perquisizioni in tutta Italia.

Tra operatori, volontari ed ex detenuti contattati dal Giornale non ce n'è uno che non sia incredulo: suor Anna era anche un volto tv, era stata recentemente premiata, aveva una passionaccia per il calcio e le moto, purtava semper e scarp del tennis per dirla alla Jannacci e quasi mai la gonna, amava stare coi ragazzi delle periferie e arbitrare le partite (la chiamavano Collina) pur di sottrarli alla delinquenza. «È vero, andava a casa dei detenuti a portare messaggi. L'ha fatto anche con me, quindi?», dice un ex Beccaria che la conosceva bene. «Era ingenua, avrà commesso una leggerezza, ma da qui a definirla una mafiosa...», sottolinea un agente penitenziario che non vuole esporsi. Dopo un'infanzia difficile («mi sentivo un nulla, sono nata rifiutata», aveva detto nel 2019) a 21 anni era arrivata la vocazione, esplosa 13 anni dopo con la tragica morte della sorella gemella, trascinata via da un Tir e rimasta senza giustizia.

«Galeotto» l'incontro del 2009 con don Cesare Burgio e la comunità Kayros, il carcere come rieducazione, lei coi ragazzi interrotti ci parlava come faceva Gesù con gli ultimi, «così si toglie potere al male, ai mostri e alle miserie che abitano in me e in ciascuno assieme al bene». Oggi che quei sussurri sono diventati pizzini che l'hanno crocefissa a un'accusa infamante, chi aiuterà più i ragazzi col rischio di finire nei guai? Colpirne una, diseducarne cento.

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