Ha negato tutto. Dalla prima all'ultima accusa. Suor Anna Donelli, da una settimana agli arresti domiciliari con l'accusa di concorso esterno in associazione a delinquere di stampo mafioso per i presunti legami con un clan della 'ndrangheta, rivendica il suo impegno e il suo operato. Lo fa in due ore e mezza di interrogatorio di garanzia davanti al Gip di Brescia, durante il quale ha risposto a tutte le domande e ha negato radicalmente ogni cosa. La suora, che opera da anni come volontaria in carcere, ha spiegato il contenuto di quelle intercettazioni ambientali finite agli atti. I Tripodi, la cosca calabrese con base a Brescia e affari in tutto il nord Italia, dissero: «Suor Anna è una di noi». Un legame rispedito al mittente. «È stata chiamata in causa da millanterie», liquida l'avvocato difensore Roberto Ranieli.
La conoscenza tra la religiosa e i criminali sarebbe invece riconducibile proprio al volontariato di suor Anna dietro le sbarre. «È in carcere che ha conosciuto uno dei due - spiega il legale - perché lo aveva aiutato come volontaria quando era stato detenuto per breve tempo a San Vittore e quindi l'ha ritrovato lì». In quella officina di Flero, nel Bresciano, dove lei ha messo piede perché - sostiene - era andata a chiedere informazioni a chi si intendeva di auto. Il difensore ha infatti spiegato che cosa intendesse suor Anna Donelli quando, intercettata, disse di potersi affidare ad amici potenti per risolvere un incidente che aveva avuto la nipote. «Voleva solo che venisse fatto un chiarimento su una contravvenzione presa dalla una nipote e quelle persone dell'officina potevano verificare se la regolarità della macchina che aveva fatto l'incidente c'era o no». Insomma, «la monaca» (così viene chiamata nelle intercettazioni), cremonese di 57 anni conosciuta tra i carcerati anche col soprannome di «Collina» per l'abilità nell'arbitrare le partite di calcio, si dice estranea agli affari criminali del clan 'ndranghetista e il suo ruolo di messaggera si configurerebbe in un'«opera caritatevole».
«A tutte le centinaia di detenuti che ha incontrato nella sua vita ha concluso il difensore Ranieli, che ha chiesto la revoca dei domiciliari - ha portato solo messaggi umanitari. Un po' di calore e vicinanza ai detenuti da parte dei familiari. Per questo a Milano la chiamiamo l'angelo degli ultimi». La decisione del Gip è attesa settimana prossima.
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