L'opposizione ne ha fatto la bandiera di una battaglia politica comune con cui provare a mettere alle strette il governo, già alle prese con una difficile legge di bilancio. Da Elly Schlein a Giuseppe Conte, passando per Carlo Calenda, senza però Italia Viva di Matteo Renzi. Dopo che la premier Meloni prima ha aperto al confronto e poi ha rinviato il dossier a settembre, la proposta di legge sul salario minimo fissato a 9 euro l'ora è in cima all'agenda politica dopo la pausa estiva. La segretaria dei dem rilancia la raccolta firme che ha raggiunto quota 300mila. Ma il sentiero della mediazione è stretto. La presidente del Consiglio ha affidato al Cnel - l'organo costituzionale in cui siedono i rappresentanti delle parti sociali e che tiene l'archivio nazionale dei contratti collettivi che oggi è guidato dall'ex ministro Renato Brunetta - il mandato di arrivare entro 60 giorni, cioè in piena manovra finanziaria, a un parere su una proposta di legge condivisa che sia basata sui dati. Un rinvio che ha temporaneamente raffreddato l'attacco delle opposizioni. I primi tre rapporti dell'ente sarebbero in dirittura d'arrivo, ma già in audizione informale in commissione Lavoro di Montecitorio a luglio, il Cnel aveva messo nero su bianco le pesanti perplessità sull'opportunità di introdurre il minimo per legge: «La questione salariale non può essere ricondotta unicamente ad un dibattito sull'opportunità, o meno, di introdurre un salario minimo legale, ma deve andare a toccare i principali problemi che ostacolano la crescita dei salari dei lavoratori in Italia, dai rinnovi contrattuali alla diffusione del dumping contrattuale, dalla crescita esponenziale del costo della vita all'elevato cuneo fiscale, fino all'impatto della precarietà e del lavoro povero», si legge memoria. Il Cnel criticava la mancanza nella proposta delle minoranze, «il riferimento a possibili soluzioni in grado di affrontare il problema dei bassi salari dal lato della riforma fiscale e da quello della contrattazione ai vari livelli», e di un'analisi sui motivi per cui «il nostro Paese è soggetto da tempo ad un problema di bassa produttività», a differenza di Francia e Germania. Poi osservava che «i livelli retributivi minimi non sono fissati in modo uniforme, e che in una eventuale definizione legale della retribuzione non sarebbe possibile fissare una misura standard, non differenziata per settore e qualifica».
L'opposizione invece accusa frontalmente il governo di lasciare indietro 3 milioni di lavoratori. Ma lo stesso Cnel, dopo le rilevazioni delle ultime settimane, ha confermato che la platea dei lavoratori potenzialmente coinvolti dal salario minimo sarebbe molto più ristretta, dato che i contratti collettivi nazionali coprono già la maggior parte del mercato e sono sopra i 9 euro l'ora. La proposta riguarderebbe dunque circa 400mila lavoratori, anche se quelli che soffrono di una assenza effettiva di tutele sarebbero ancora meno, 60mila. Tanti infatti sarebbero coloro che subiscono i cosiddetti contratti pirata e le forme di dumping, mentre nella quasi totalità dei contratti collettivi i minimi salariali superano la soglia indicata oggi dal disegno di legge. Il nodo sono i contratti scaduti e quelli non applicati, e riguardano circa 8 milioni di lavoratori.
Un problema da affrontare subito se il governo mira a disinnescare la battaglia dell'opposizione. Ma la strada dei rinnovi si incrocia con quella impervia della legge di bilancio, su cui si consumerà l'autunno caldo di Palazzo Chigi.
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