Sy resta in carcere: "Voleva condizionare le scelte del governo"

Il gip di Milano ha convalidato l'arresto: "Ha provato a fingere un vizio di mente"

Sy resta in carcere: "Voleva condizionare le scelte del governo"

«L'idea mi è venuta quando è arrivata la barca. L'ultima, quella dei 49». Nel rivendicare il dirottamento dell'autobus con a bordo 51 bambini e tre adulti, Ousseynou Sy pronuncia frasi molto confuse. Alcune a sfondo politico. Ieri il gip di Milano Tommaso Perna ha convalidato l'arresto dell'uomo italiano nato in Senegal e ha disposto per lui la custodia cautelare in carcere. Ha anche riportato nell'ordinanza molte delle risposte del 46enne di Crema alle domande dei pm Alberto Nobili, capo del pool anti terrorismo, e Luca Poniz.

Spiega il gip che lo «scopo sotteso all'azione» di Sy «era quello di costringere, o comunque condizionare, le politiche migratorie attualmente adottate dal governo in carica». Il suo «intento» era «di compiere un'azione dimostrativa sull'onda dell'ira» in lui generata, come ha riferito, «dall'episodio del mancato sbarco di 49 persone», ossia la vicenda della nave Mare Jonio. Il giudice conferma l'accusa di strage con finalità terroristica. Dato che «l'azione è stata condotta verso una scolaresca composta da ben 51 studenti, oltre dei loro insegnanti, deve altresì ritenersi che l'effetto intimidatorio nei confronti della popolazione, colpita nella sua primaria essenza vitale, ovvero i suoi figli, sia stato massimo». Il 46enne ha fatto riferimento a «un genocidio». E ha aggiunto: «Io non so come fate a dormire la sera, tutti quanti. Ogni naufragio. Ma avete visto le barche piene di esseri umani? O per voi non sono esseri umani? Che cosa sono animali? No, negri, sono africani. Ma chi se ne frega, che muoiano tutti». Ha spiegato di aver messo a rischio la vita dei ragazzini sull'autobus, da lui incendiato, «per fare anche propaganda (...), perché ci sono le elezioni europee». Ha fatto riferimento a Matteo Salvini e Luigi Di Maio. Osserva il gip che Sy «non si è pentito dell'azione», confondendo «la liceità del fine ideologico prefigurato (salvare delle vite) con i mezzi adoperati per lo scopo (che hanno invece messo a repentaglio altre vite)» ed è «rimasto totalmente indifferente rispetto ai rischi mortali ai quali ha esposto una moltitudine di individui». Tra cui «donne e minori da lui indistintamente adoperati come scudo umanitario». Per il giudice, è «del tutto inverosimile» la versione dell'indagato «secondo cui non era sua intenzione quella di mettere in pericolo la vita degli ostaggi». La pericolosità della sua azione, si legge, era «elevatissima e concretamente idonea a raggiungere lo scopo terroristico prefissato». Avrebbe cioè «senza dubbio alcuno gravemente intimidito la popolazione e avrebbe, con ogni probabilità, condizionato i pubblici poteri in relazione alle politiche in materia di accoglimento degli stranieri».

Nell'ordinanza si sottolinea inoltre che l'uomo aveva sicuramente con sé una pistola, anche se lui nega questa circostanza. Infine che parlando di «voci di bambini morti in mare», che l'avrebbero spinto al gesto «dimostrativo», Sy mette in scena «una posticcia e maldestra opera di rivisitazione della realtà» allo scopo «di poter contare sui benefici conseguenti ad una eventuale, ed improbabile, dichiarazione di incapacità di intendere e di volere». L'attentatore ha dichiarato: «Io non dormo quasi mai, perché ricorrono nella mia mente le voci dei bambini morti.

Una volta sull'autobus mi si è presentato un bambino che mi ha chiesto di direzionare l'autobus a Linate». Poi ha mostrato al giudice una «effige in cui è raffigurato il vicepremier Di Maio, che viene presentato dall'indagato come la foto di un bambino morto».

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