"Talpe complici delle intrusioni dentro gli apparati. E virus come esca"

Parla l'esperto di cybersicurezza, Roberto Setola: "Un problema i mancati controlli"

"Talpe complici delle intrusioni dentro gli apparati. E virus come esca"
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Roberto Setola è un professore di ingegneria (in particolare di «ingegneria dei sistemi intelligenti») e da molti anni è tra i massimi esperti in Cybersicurezza. È ordinario presso la Facoltà di Ingegneria dell'Università Campus Bio-medico di Roma dove ricopre anche il ruolo di Delegato del rettore per la Cybersecurity. Nel 2019 ha ricoperto l'incarico di esperto presso l'Ufficio del consigliere militare della presidenza del Consiglio dei ministri in tema di Infrastrutture critiche.

Professore, come è stato possibile bucare con tanta facilità i sistemi di sicurezza dei ministeri e delle strutture statali?

«In primo luogo ci sono stati accessi abusivi da parte di soggetti interni agli apparati statali che avevano accesso a quelle informazioni per la loro attività investigativa».

In parole povere?

«Dipendenti infedeli. Ed è mancato evidentemente un controllo».

Tutto qui?

«No. Probabilmente c'entrano anche alcuni soggetti che operavano per una delle società che aveva la manutenzione dei server. Hanno avuto accesso diretto all'hardware, e hanno avuto a disposizione gli account di amministratori».

Ma come facevano a ottenere le informazioni dai dispositivi personali delle vittime, cellulari o PC?

«In questo caso è presumibile che abbiano utilizzato dei virus più o meno sofisticati».

Come?

«O accedendo direttamente ai computer - fisicamente - o inviando dei virus per via telematica e trovando il modo per convincere la vittima a scaricarli».

Roberto Setola
Roberto Setola, esperto di cybersicurezza

Al di là delle questioni degli ultimi giorni, si sente sempre più parlare di situazioni comunemente associate allo «spionaggio» e «dossieraggio» di manager e persone politicamente esposte, cosa sta succedendo?

«Innanzitutto occorre fare una netta distinzione fra i due termini. Il dossieraggio riguarda la raccolta di informazioni, comprese eventuali debolezze personali e professionali con lo scopo di ricattare o infangare. Quando invece si parla di spionaggio, lo scopo è quello di carpire elementi e dati privati o riservati».

È una novità della modernità?

«Assolutamente no. Il fenomeno del dossieraggio e quello dello spionaggio non sono affatto nuovi. Tanto che anche il filosofo cinese Sun Tzu, oltre tremila anni fa, ne evidenziava la valenza strategica».

Niente di nuovo, allora?

«La storia della Repubblica è costellata di scandali legati al ritrovamento di dossier su personalità pubbliche e forse il numero di accessi abusivi ad archivi riservati quando erano ancora cartacei era superiore a quelli che registriamo oggi. La differenza sostanziale è che è divenuto più semplice raccogliere questi dati, ma soprattutto è possibile collegare dati che vengono da fonti diverse, il che rende disponibili quantità enormi di informazioni su ciascuno di noi».

È un problema solo italiano?

«Assolutamente no, tutte le democrazie soffrono oggi di queste problematiche. Quello che è successo in occasione delle ultime campagne elettorali in America, con violazioni delle caselle di poste di candidati o di loro collaboratori, è un esempio concreto».

Quali sono i Paesi stranieri che maggiormente operano nel campo del dossieraggio, dello spionaggio di organizzazioni pubbliche e private?

«Lo stato più attivo nelle attività di spionaggio è la Cina, soprattutto in ottica spionaggio industriale e di sorveglianza digitale. D'altro canto la Russia è ritenuta molto attiva nel settore del dossieraggio e della disinformazione».

Quali sono i rischi concreti che provengono dall'estero per l'Italia e l'Europa?

«In questi giorni si parla molto di interferenze con la vita democratica e questo è sicuramente un tema di estremo interesse. Ma quello che mi preoccupa maggiormente sono le azioni contro il nostro tessuto produttivo e il furto del know-how delle nostre aziende.

Negli ultimi anni abbiamo assistito ad una significativa crescita della tecnologia impiegata da operatori esteri in settori nei quali da sempre eravamo leader mondiali, con conseguente difficoltà per le nostre aziende di concorrere sui mercati internazionali. Più di un osservatore ha legato questa crescita ad azioni di spionaggio, azioni che, sebbene raramente assurgono alla cronaca nazionale, rischiano di minare significativamente la nostra capacità industriale».

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