Tangenti sul Cara di Mineo. La verità choc di Odevaine

Rapporti coop rosse-Viminale, l'ex braccio destro di Veltroni confessa: da Buzzi 5mila euro al mese

Tangenti sul Cara di Mineo. La verità choc di Odevaine

I soldi, tanti, li ha presi per il suo ruolo di facilitatore. A ungerlo sono state tanto le coop rosse, come quella di Salvatore Buzzi, quanto quelle bianche, come La Cascina. E l'ex vice capo gabinetto di Walter Veltroni, Luca Odevaine, tra i protagonisti di Mafia Capitale, ha ripetuto la sua storia anche in aula, al processo, confessando di essersi fatto pagare per offrire le sue entrature con il Viminale e con le prefetture. Ma anche puntando ancora una volta il dito contro il Pd, accusato chiaramente d'essersi accordato, quando era all'opposizione, con la giunta di Gianni Alemanno per erogare centinaia di migliaia di euro a ogni consigliere comunale, ufficialmente per «eventi culturali».

Tornando al «facilitatore», per «risolvere problemi» a Buzzi, il ras delle coop lo ha pagato 5mila euro al mese per circa 3 anni, tra 2011 e 2014, per un totale che sfiora i 200mila euro. Altri 250mila invece Odevaine li ha incassati dalla coop La Cascina, che gli passava prima 10 e poi 20mila euro ogni mese per farsi «spingere» nell'appalto per il Cara di Mineo. Odevaine, insomma, ha ammesso di aver speso le sue conoscenze e i suoi agganci per aiutare le coop, negando però di aver sfruttato per questo la poltrona da lui occupata al tavolo di coordinamento sugli immigrati del Viminale. Un posto dal quale, ha ribadito in aula, non sarebbe stato possibile orientare i flussi degli immigrati in modo da favorire le coop «amiche» o che, comunque, lo tenevano a libro paga.

Odevaine, poi, ha anche tirato in ballo il Pd, rispolverando una vicenda che aveva già messo nero su bianco a ottobre del 2015 in un verbale d'interrogatorio con il pm Paolo Ielo. Ossia il presunto «accordo» siglato dal sindaco Gianni Alemanno e dall'allora capogruppo del Pd Umberto Marroni per concedere a ciascun consigliere comunale una somma considerevole (400mila euro) di fatto da usare a piacimento, dietro al paravento delle finalità «culturali». Già all'epoca, quando venne fuori il contenuto dell'interrogatorio, proprio Marroni smentì con decisione l'esistenza del patto con Alemanno, sostenendo che nessun consigliere comunale avesse potere di spesa e annunciando di voler querelare per diffamazione l'ex braccio destro di Veltroni.

E ieri, quando Odevaine ha ripetuto per filo e per segno la stessa storia, ma stavolta testimoniando al processo per Mafia Capitale («L'accordo per dare 400mila euro ai consiglieri da spendere per eventi culturali fu preso da Alemanno e dal capogruppo di minoranza, Marroni», ha detto Odevaine in aula), una volta di più l'esponente dem ha reagito con una denuncia-bis. Per Marroni quelle di Odevaine, «che ritenevo personaggio ambiguo già ai tempi della giunta Veltroni», sono affermazioni «false e assurde». Non solo perché tecnicamente «di certo i consiglieri comunali non dispongono direttamente di risorse», ma perché quell'accusa è «diffamatoria» anche sul fronte politico, «in quanto - ringhia Marroni - proprio grazie al lavoro dell'opposizione di centrosinistra è stato possibile mandare a casa la destra dopo il primo mandato».

E l'attacco al partito democratico di Odevaine, conclude Marroni, potrebbe avere un nuovo risvolto penale, poiché l'ex capogruppo dem spiega di aver dato «nuovamente mandato ai miei avvocati di denunciare Odevaine per diffamazione».

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