Siccome, in fondo, tutto si tiene, il giallo col verde, l'acqua col fuoco e Banfi con l'Unesco, il binario rovente sul quale il governo rischia da giorni di deragliare non può che finire con l'indimenticabile conte Mascetti e la sua magia: «Tarapia tapioco come se fosse antani con la supercazzola prematurata, con lo scappellamento a destra».
Anzi: destra o sinistra lo si vedrà. Per il momento volano i soliti stracci, nella campagna elettorale abruzzese, dove i due vicepremier finiscono più volte al limite del ko tecnico. Ring truccato o finzione scenica che sia, i motivi sui quali gialli e verdi sono in disaccordo basta tirarli fuori dal cassetto, all'occorrenza, e volano subito cazzotti e supercazzole. Ecco perché non è insensato neppure immaginare un mercato sotterraneo, dove i «no» e i «si» s'intersechino, la Tav scambiato per un voto d'immunità, pure se i protagonisti si ritraggono sdegnati. «Non siamo al mercato», dice Flik leghista; «per carità, noi non ragioniamo con la logica dello scambio», dice Flok grillino. Ma intanto se le continuano a suonare sulle Grandi opere, visioni contrapposte che se il governo fosse una cosa seria sarebbe già crollato. Così non è, evidentemente, e la querelle continua in attesa della famosissima analisi costi-benefici serbata nel cassetto da Toninelli (certo sintomo di genere farsesco). Il ministro delle Infrastrutture, per così dire, ha appeso al documento il destino dell'opera, pensando di traccheggiare a più non posso. Ma da ieri chi ancora volesse credere agli asini che volano avrebbe dovuto registrare una grossa novità: la Tav non si fa, punto e basta. Lo ha chiarito Luigi Di Maio all'alleato-gemello. A pochi km l'uno dall'altro, dopo le intemerate dell'altro giorno, Salvini insisteva: «Mica serve una laurea per capire che è meglio completare un buco di 25 chilometri nella montagna piuttosto che richiuderlo... Preferisco spendere i soldi per finire un buco iniziato, per andare avanti, anziché spenderli per fermarsi». A Di Maio tornava la faccia feroce: «Per quello che mi riguarda, non conviene insistere su temi sui quali non siamo d'accordo. Altrimenti mi devo convincere che si continua a spingere su temi su cui non siamo d'accordo per creare tensioni nel governo. Io non lo consiglio».
E affinché il messaggio arrivasse forte e chiaro, il capo grillino smentiva pure settimane di baggianate su Toninelli e la sua analisi: «Alla fine la Tav non si farà. Il tema non è il ridimensionamento dell'opera (come aveva detto nei giorni scorsi Salvini, ndr); se parliamo di ridimensionamento parliamo di una supercazzola». Eccoci così tornati al conte Mascetti di Amici miei e alla presa in giro eletta a sistema di governo. Ancora Di Maio, nella sua improvvisa versione tengodurista: «Sono io a tirare dritto, siamo per le opere pubbliche, ma non per la Tav», aggiungeva. E di nuovo Salvini, stranamente nella versione sotto-schiaffo, che si buttava sul «buonsenso che ci farà trovare la soluzione» e da santerellino rispondeva al truce Di Battista dell'altra sera: «Ha detto che non devo rompergli i coglioni? Mando pane e Nutella, anche a lui. O un Bacio Perugina, ma potrei essere frainteso. È bel ragazzo».
Infine Di Maio, quando gli facevano notare che Toninelli è ancora trincerato come un giapponese dietro la sua analisi: «Però mi sembra che stia trapelando dal Mit che questa analisi costi-benefici sia negativa».Trapelata? Dove, quando, chi? «È una fake-news!», s'indignava l'azzurra Gelmini. Già: una delle tante. Una mandria di bufale nel lieto pascolo dell'interminabile commedia all'italiana, Banfi docet.
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