Taxi, sudore, valigie. Il suk Fiumicino è degno di Fantozzi

Avventura tragicomica tra caos, passeggeri sudati e attesa bagagli che dura più del volo. E persino il collegamento in taxi è da brivido

Taxi, sudore, valigie. Il suk Fiumicino è degno di Fantozzi

S arà che Fiumicino mi ha sempre fatto venire in mente Vermicino e quel pozzo artesiano dove finì nel 1982 il piccolo Alfredino Rampi, e più che a Leonardo da Vinci lo avrei dedicato al ragioner Fantozzi. Secondo il vate della banalità partenopea Roberto Saviano «Fiumicino è il simbolo dell'Italia che decade» (ma disse la stessa cosa per la Costa Concordia, e per Berlusconi, e non pensa che magari è lui stesso il simbolo dell'Italia che decade), ma Saviano crede che stia scendendo il Nord, mentre la verità è che sta salendo il Sud. E non per gli incendi, dolosi o non dolosi, doloso è Fiumicino, ormai sembra Napoli.

Ci sono stato recentemente per affari di cuore, per cui neppure partivo ma aspettavo la mia amante da Parigi, e ne sono uscito vivo non so come. L'aereo arriva in ritardo di un'ora (colpa di Fiumicino, assicura la compagnia aerea), ma ci vuole un'altra ora per rientrare in possesso del proprio bagaglio, con i passeggeri che fissano attoniti e sudati il nastro trasportatore che va a singhiozzo e da cui escono tre valigie ogni dieci minuti, spesso aperte, come gettate da King Kong giù dall'Empire State Building. Nessuno chiede niente a nessuno perché nessun addetto ai lavori sa niente o non è di sua competenza, bisogna aspettare e zitti, figuriamoci se si sarebbero ribellati sotto il fascismo, quando però almeno i treni arrivavano in orario.

Nell'attesa si può fumare una sigaretta fuori, non sentendo neppure la differenza dei quaranta gradi, anzi fa più fresco fuori che dentro, probabilmente condizionano l'aria al contrario. Nel reparto Alitalia esiste una saletta fumatori, volendo, ma ancora più afosa, con i sedili sgangherati che si piegano di colpo quando ti siedi. Un unico posacenere, in un angolo improbabile e invisibile, per cui tutti ciccano per terra, oppure in un arancio al centro della sala dove c'è un cartello che dice «Non sono un posacenere» e si capisce lo hanno scritto quelli di Fiumicino, l'arancio avrebbe scritto «Spostatemi, cogl..., e mettete un posacenere».

Io, pur convinto dell'entropia dell'universo, per un senso di civiltà improvvisato e per andare controcorrente, sono andato a sedermi lì, vicino al posacenere intonso, e ho sbattuto una craniata su una trave posizionata ad arte dietro al sedile. Non lo so, magari sono tutti optional, fai la sauna, la suspense delle valigie è un gioco a premi, e ti mettono un po' di trappole per farti passare il tempo.

Gli italiani li riconosci subito, sono famiglie fantozziane che si adattano a tutto, già vestiti da mare. Quelli di Vueling sono fermi da giorni e bivaccano come zombie, non sono pericolosi, devi solo stare attento a non farti mordere altrimenti ti trasformi anche tu.

«Viola dove sei?», chiedo alla mia amante al telefono mentre aspetto all'uscita immerso in una folla di smandrappati che sembra di essere a Calcutta. «Sto aspettando il bagaglio, se non muoio prima arrivo», ed è passata un'ora e mezzo. Dura più l'attesa del bagaglio del volo. Uscendo dal Terminal Alitalia, poi, verso sinistra, c'è un bellissimo spiazzo con impianto fotovoltaico, e un muretto dove si siedono gli innamorati per baciarsi e dietro di loro una piccola discarica di ogni genere di rifiuti, e più in là dei signori obesi che dormono nudi per terra, o forse sono morti, molto romantico.

Ma il vero brivido è tornare a Roma. Alla fine del week-end, riaccompagnata Viola, di nuovo sono solo a Fiumicino e scarto il trenino perché si chiama Leonardo pure lui, ho paura che deragli (e tanto dovrei prendere nuovamente un taxi a Termini). Costo del taxi da Fiumicino a Roma 50 euro (quanto un autista privato, e senza aria condizionata), ma quasi il doppio se non è in centro, anche se il percorso è più breve (boh), quindi si arriva facilmente ai 70 o 80 euro. Non si capisce perché negli altri Paesi ci sono le file ordinate e sali sulla tua macchina quando è il tuo turno mentre sia a Fiumicino che a Termini si forma una specie di suk arabo di tassisti nervosi che si smistano le corse a seconda di dove vai, per cui la fila dei taxi è più lunga di quella dei clienti.

Ma questo è niente. Sul raccordo anulare un pazzo inveisce contro il tassista e inizia una corsa furiosa alla Fast and Furious tra i due, non so se si conoscano, se siano nemici da una vita, so solo che non vorrei essere lì, io non c'entro niente. Arriviamo a 150 chilometri all'ora facendo lo slalom tra le macchine, vorrei dirgli di andare più piano ma temo che il pazzo ci raggiunga. Ogni tanto il killer sparisce, tiro un sospiro di sollievo, ma poi ricompare sempre tagliandoci la strada, è Terminator . «Non sa quante pistole hanno questi qui», mi fa il tassista. «Pistole?». «Cocainomani armati, pistole al mercato nero, altro che Stati Uniti. Ne ho una anche io». Resto un attimo perplesso, faccio due calcoli su cosa mi conviene consigliare, meglio scappare, per cui gli dico: «Allora lo semini, grazie, oppure gli spari quando si affianca, ma cerchi di beccarlo in fronte sennò quello ci ammazza a tutti e due».

Finalmente sono arrivato sano e salvo a casa mia, altrimenti non sarei qui a scriverne, mi sono cagato sotto per quaranta minuti, ho pagato 80 euro, e però in compenso mi è passata la paura di volare. Ora se dovessi prendere un aereo ho solo il terrore di atterrare a Fiumicino.

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