Telegram, Durov si piega: cederà i dati alle autorità

Il ceo di Telegram è stato arrestato in Francia lo scorso agosto

Telegram, Durov si piega: cederà i dati alle autorità
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Alla fine, Pavel Durov (foto) ha ceduto. Il fondatore di Telegram ha annunciato in un messaggio sul suo canale che i dati degli utenti sospettati di attività illegali saranno consegnati alle autorità che chiederanno la collaborazione della piattaforma. «Non permetteremo che i malintenzionati mettano a rischio l'integrità della nostra piattaforma per quasi un miliardo di utenti», ha dichiarato. Un giusto proposito e un'implicita ammissione di resa.

Durov, infatti, era stato arrestato dalle autorità francesi il 24 agosto scorso e, tra i 12 capi di imputazione a suo carico, vi erano anche «complicità con la criminalità organizzata per l'amministrazione di una piattaforma online che permette transizioni illegali» e «rifiuto di comunicare su richiesta delle autorità informazioni e documenti necessari alle intercettazioni».

Mentre prima Telegram assicurava la sua collaborazione solo in casi di comprovate attività terroristiche, d'ora in avanti la piattaforma trasmetterà alle autorità dati fondamentali, come indirizzi IP e numeri di telefono, di coloro che «violano le nostre regole» e in risposta a «valide richieste legali». Sono stati inoltre resi inaccessibili tutti quei contenuti che Durov ha definito come «problematici», grazie all'ausilio di un team di moderatori e dell'intelligenza artificiale, ed è stata rimossa la funzionalità per cercare le persone vicine.

Pare, dunque, che sia arrivata una ventata d'ordine in quello che da molti era visto come una sorta di Far West digitale senza regole, soprattutto se paragonato a Whatsapp. Nel corso degli anni, Telegram è stato investito di una fama negativa per essere un ricettacolo di pornografia, truffe, propaganda legata a organizzazione terroristiche e attività illegali di ogni genere.

Le perplessità riguardo a questa decisione, però, non sono mancate. Telegram, infatti, ha sempre svolto un ruolo molto importante in tutti quei Paesi dove vi sono dei regimi che censurano gli oppositori. Secondo alcuni, la nuova politica di moderazione potrebbe mettere a rischio i dissidenti che fanno affidamento sulla piattaforma per poter comunicare. Lo stesso Durov si è impegnato a costruire un'immagine della sua app come un luogo libero dal controllo delle autorità e, a differenza di altri giganti del settore tech come Elon Musk o Mark Zuckerberg, non si è mai avvicinato o confrontato con istituzioni o gruppi di potere.

Fino a poche ore prima

del suo comunicato, sul sito di Telegram si leggeva: «A oggi, abbiamo divulgato 0 byte di dati degli utenti a terze parti, governi compresi». Una dichiarazione orgogliosa ma, alla fine, la tanto invisa «autorità» ha vinto.

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