Ci sono dei freni che non sono entrati in azione perché manomessi; ci sono foto amatoriali che mostrerebbero come fosse prassi imbavagliarli e ci sono 14 morti per cui oggi, a una settimana dall'incidente, si osserverà un minuto di silenzio senza avere risposte, ma solo un gran rumore di ipotesi. Su tutto, c'è una fune che doveva durare 30 anni e che invece, arrivata a 23 anni di onorata carriera, si è prima sfilacciata e poi rotta. È lo stesso cavo, che aveva superato anche l'incidente del 2001, quando sul Mottarone, per un guasto si evacuarono i 40 passeggeri a bordo della cabina. Eppure, durante la simulazione di dicembre 2020 la fune traente aveva retto anche alla prova dei finti tagli, un test che oggi pare ancora più sinistro, dato che è qui, in questo filo sciagurato del destino, che si è ingarbugliata la tragedia della funivia.
La fune come causa, la manomissione dei freni, come amplificatore del disastro. Già, anche i freni: sulle centraline idrauliche si era intervenuti il 3 maggio. Il sistema d'azionamento era stato controllato il 18 marzo 2021 e la lubrificazione dei rulli e delle pulegge delle stazioni qualche giorno prima. Tutto ok? Allora sembrò o si volle far apparire così: questo è quanto dovranno appurare gli inquirenti, nel rimpallo delle competenze e delle accuse incrociate che si stanno scambiando gli indagati. In realtà non era affatto tutto ok: al punto che quel sistema frenante dava problemi a ogni corsa, faceva inceppare l'impianto anche ogni 3 minuti e perfino 24 ore prima della tragedia, alcuni tecnici esterni erano stati chiamati, pur non intervenendo direttamente sui freni. Ecco perché l'idea scellerata di «silenziare» i freni con i forchettoni rossi: «Proprio come quando si spegne una spia dell'auto, pensando sia un contatto e non un problema vero, da approfondire», spiega un impiantista. A giudicare da come ne parlano gli esperti, non si tratta, purtroppo, di una pratica tanto rara quando l'impianto è chiuso e all'opera sono solo gli addetti ai lavori. Si, perché se il freno entra in azione, servono ore per rimettere in moto le cabine. E allora, si preferisce viaggiare senza sicura. Ma non si dovrebbe mai farlo a impianto aperto. Soprattutto non senza aver accertato quale sia la ragione del mayday e perché l'impianto lo stia lanciando. Capire se vi sia un legame di causa-effetto o concausa fra quel malfunzionamento e lo sfilacciamento della fune è la chiave del rebus e sarà anche il terreno legane della diatriba.
L'impianto aveva passato anche i controlli sui componenti meccanici che anzi erano stati anticipati di qualche mese rispetto alla scadenza. Quinquennale sarebbe stato eseguito fra pochi mesi - è anche il rifacimento della «testa fusa», su cui si concentrano i periti. Si chiama così il punto in cui la fune traente viene «fusa», saldata al corpo della funivia per spingerla o tirarla: un segmento delicatissimo, che si provvede a «cementare» ma che risulta difficile da analizzare se non a vista, dato che il check magneto-induttivo che si applica al resto del cavo, non può operare su questo cuneo saldato.
Intanto ieri, mentre il Giro D'Italia arrivava a Madesimo in val Chiavenna, gli impianti che avrebbero dovuto aprire da oggi e fino al 6 giugno e ancora nel successivo fine settimana, non hanno aperto. L'idea di aprire Groppera e Val di Lei - dove si arriva proprio con una funivia vai e vieni - a un migliaio di sciatori per approfittare dell'eccezionale neve primaverile ha vacillato subito dopo Mottarone.
Come il passo dello Stelvio ha pure fatto slittare di 3 settimane l'apertura dello sci estivo «per terminare la manutenzione», così Madesimo ha fatto marcia indietro, annunciando - e solo sul web - la chiusura per oggi e domani, poi si vedrà. La ragione? Una seggiovia da controllare.
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