Roma - Non piace ai grillini che lo considerano «un democristiano di lungo corso, in piena continuità col passato». Non piace ai bookmaker come l'irlandese Paddy Power che lo banca a 11 contro i 7 di Veltroni. Ma c'è un motivo per il quale il giudice costituzionale nonché ex ministro ed esponente Dc-Ppi-Pd, Sergio Mattarella, potrebbe incontrare qualche difficoltà nella corsa al Quirinale. E non ci riferiamo alla decisione polemica di abbandonare il governo Andreotti nel 1990 in polemica antiberlusconiana con la legge Mammì: 25 anni sono un'era geologica al giorno d'oggi. Un episodio di cui non si ricorda quasi nessuno, forse nemmeno il Cavaliere.
C'è una questione parentale che potrebbe ostacolare l'irresistibile ascesa (in quanto gradito a renziani e minoranza Pd e non sgraditissimo al centrodestra) dell'inventore del Mattarellum. Il primogenito, Bernardo Giorgio, è infatti capo dell'ufficio legislativo del dipartimento della Funzione pubblica, cioè è un uomo di punta dello staff del ministro Maria Anna Madia. Lo rivela anche il compenso: 125mila euro annui lordi.
Un caso? Certamente no. Bernardo Giorgio Mattarella (scriviamo il nome per esteso per evitare confusioni con il cugino omonimo, manager di Invitalia) è un superesperto di diritto amministrativo. Maturità classica con 60 sessantesimi e menzione dopo il liceo dai Padri Gesuiti del Gonzaga di Palermo, 110 e lode in Giurisprudenza nell'ateneo del capoluogo siciliano, ha seguito le orme paterne nell'ambito universitario (non in quello politico). Mattarella junior è infatti ordinario amministrativista all'Università di Siena, è condirettore del Master in management della Pa della Luiss di Roma e, prima di entrare nello staff della Madia, insegnava anche alla Scuola superiore della pubblica amministrazione (vero «parcheggio» dei superburocrati di Stato).
A Palazzo Vidoni, sede del dicastero, Mattarella è entrato praticamente giovincello. A 25 anni, nel 1993, il suo «mentore» universitario e allora ministro, Sabino Cassese (altro candidato per il Quirinale), lo volle nella commissione incaricato di redigere il Rapporto sulle condizioni della pa . Vi ritornò un quindicennio dopo con Renato Brunetta e da lì non si muoverà più, tranne il breve intermezzo del governo Letta per il quale seguirà Maria Chiara Carrozza come capo del legislativo al ministero dell'Università.
Pochi in Italia possono vantare un curriculum lungo 50
pagine fitto di pubblicazioni e relazioni ai convegni. Tuttavia proprio portare quel cognome gli ha creato attorno un clima di sospetto che potrebbe nuocere anche al padre. Anche se non si tratta del solito «raccomandato».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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