La produzione industriale ad aprile ha segnato il peggior calo da quasi tre anni, allungando un'ombra negativa sulle prospettive dell'economia italiana. La contrazione è stata dell'1,9% rispetto a marzo, quarto decremento consecutivo, e del 7,2% su base annua, la più profonda a partire da luglio 2020, quando il Covid iniziò a far vedere pesantemente le proprie ricadute devastanti. L'andamento negativo è esteso a tutti i principali comparti, a partire dall'energia (-12,6% su anno) e dai beni intermedi (-11%). Allarmato l'Ufficio studi di Confcommercio che rileva come la crescita del Pil sopra l'1%, prevista dopo l'ondata di revisioni al rialzo, sia un risultato «non scontato né già acquisito». Tanto più dopo la frenata della fiducia di famiglie e imprese registrata a maggio. Il rischio indicato da Piazza Belli è quello di un impatto negativo sulla Penisola delle difficoltà di Paesi come la Germania, oltre al peso dell'inflazione elevata e dei ritardi del Pnrr. Secondo il capo economista di Intesa Sanpaolo, Gregorio De Felice, si è trattato di un «calo deludente», ma «i servizi sembrano abbastanza vivaci da compensare la resistenza industriale» sebbene sia prevedibile «un rallentamento del ritmo sequenziale della crescita del prodotto interno lordo».
Per il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, l'Italia risente della congiuntura europea. «Conosciamo il nostro sistema produttivo e siamo consapevoli che, quando la Germania ha difficoltà, queste si ripercuotono su tutta la filiera produttiva e noi siamo un grande paese esportatore in Germania», ha osservato. Ciò non toglie che non si possa essere ottimisti. «Chi vuole un prodotto italiano prescinde anche dal prezzo e siamo cresciuti per questo in export di quasi il 20% nel 2022 e di circa il 17% nella prima parte di quest'anno», ha ricordato sottolineando che «se l'Eurozona è in recessione tecnica, l'Italia no, anzi è uno dei Paesi che sta trainando l'economia europea, eravamo abituati a vederla all'ultimo vagone della locomotiva e invece oggi è in testa».
Occorre ricordare, comunque, che anche le ultime previsioni dell'Istat, nell'indicare una crescita del Pil all'1,2% quest'anno, hanno incluso un rallentamento dell'attività economica dopo i primi tre mesi particolarmente positivi. È attesa, in particolare, una «netta decelerazione» degli scambi con l'estero, a causa della domanda mondiale più debole. Già ad aprile i primi dati sul commercio internazionale dell'Italia, relativi ai Paesi extraeuropei, hanno mostrato una contrazione che su base annua non calavano da oltre due anni.
Tra i fattori di rischio specifici per il Paese, l'analisi segnala gli effetti delle politiche monetarie restrittive su consumi e investimenti, la fine della spinta degli incentivi all'edilizia e le possibili conseguenze economiche, soprattutto nel settore agricolo, dell'alluvione in Emilia Romagna.
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