Naomi Campbell ha pubblicato sul suo profilo Instagram una foto del suo ultimo volo: guanti chirurgici rosa, mascherina azzurra, una tuta di quelle utilizzate per le operazioni di rimozione dell'amianto dagli edifici. Solo una supermodel può permettersi una «mise» del genere, eppure la sua è la risposta estrema a una domanda che tutti, virologi e manager del settore, si pongono: volare sì, ma come?
Per il momento, a dir la verità, il problema è stato risolto alla radice, visto che il traffico aereo si è sostanzialmente azzerato. Per il futuro qualche idea bisogna farsela venire in mente, anche se si è già capito che conciliare bilanci e salute sarà tutt'altro che facile. Ieri pomeriggio il ministro delle Infrastrutture Paola De Micheli ha sottoposto ai sindacati le linee guida per i trasporti durante l'ormai mitica Fase 2. Le proposte del governo per i prossimi mesi non sono poi così diverse da quello che si è fatto nelle ultime settimane: per gli aeroporti sono previsti percorsi di entrata e di uscita separati, allo scalo e ai singoli «gate», in modo da evitare l'incrocio di flussi di persone, accessi contingentati per evitare assembramenti ai check-in, ai controlli di sicurezza e negli spazi comuni. Sia in arrivo sia in partenza ai passeggeri verrà misurata la febbre con gli ormai onnipresenti termoscanner. Ovvia la richiesta di usare la mascherina.
Fin qui, tutto sommato, niente di drammatico. Le dolenti note iniziano a proposito della situazione di bordo, dove sarà applicata rigorosamente la regola del distanziamento. In pratica, se ci sono tre sedili quello centrale resterà vuoto, per consentire il mantenimento più o meno di un metro tra un passeggero e l'altro. C'è chi parla anche di barriere di plexigas tra un posto e l'altro. Dal punto di vista della salute tutto giusto. Peccato che l'idea sia considerata poco meno che impraticabile da molti manager del settore. Il più pirotecnico, come al solito, è stato Michael O'Leary, fondatore e azionista di Ryanair, la più grande compagnia low cost d'Europa. Il manager, molto semplicemente, ha detto in un'intervista al Financial Times che la sua compagnia non riprenderà i suoi voli se sarà necessario lasciare vuoti i suoi posti nella fila centrale per mantenere le distanze di sicurezza. Con questa misura i piani della compagnia «sarebbero vanificati». O' Leary ha spiegato di aver avvisato il governo irlandese, che ha adottato misure simili a quelle proposte in Italia: «O il governo paga per il sedile vuoto o non voleremo. Non potremo mai fare profitti con un tasso di riempimento del 66%. Anche facendolo tra l'altro il posto vuoto non garantisce un reale distanziamento: quindi è un'idea idiota che non porta a nulla».
In maniera meno colorita anche altri manager hanno fatto presente che ridurre i posti a bordo non può non tradursi in un'impennata dei prezzi. E la prova l'hanno fatta sulla loro pelle gli italiani riusciti a prendere gli ultimi voli in partenza dall'America Latina verso la Penisola: di fronte all'esigenza delle compagnie di ridurre i passeggeri (e di pagare un volo di ritorno destinato a rimanere vuoto) si sono trovati a pagare una tratta anche 3/4mila euro.
L'altra faccia della medaglia è che le compagnie dovranno in qualche modo cercare di far ripartire il settore: secondo i dati di Assoaeroporti nel solo
mese di marzo sono andati persi 11,5 milioni di passeggeri, in pratica tutti quelli che avevano volato nello stesso periodo dell'anno scorso. E in cassa integrazione è volato più del 95% del personale, oltre 100mila persone.
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