La transizione ecologica? È insostenibile. I minerali necessari devastano l'ambiente

L'allarme dell'ingegnere Brussato smaschera i talebani del clima. Estrarre rame, silicio e litio inquina e non è alla portata di tutti

La transizione ecologica? È insostenibile. I minerali necessari devastano l'ambiente

«Il pianeta non può permettersi la transizione energetica». Lapidario Giovanni Brussato, ingegnere minerario tra i massimi esperti dell'impatto ambientale dell'industria estrattiva. Le sue analisi portano a una verità difficile da masticare per i talebani dell'ambiente: l'estrazione dei minerali necessari alla transizione ecologica avrebbe un impatto sull'ambiente peggiore del danno che si vuole riparare: la toppa è peggio del buco.

Ad esempio, la quantità di rame che servirebbe nei prossimi anni sarebbe superiore a quello estratto in cinquemila anni. Poi ci sono calcestruzzo, acciaio e zinco per le pale eoliche, silicio, vetro e alluminio per i pannelli solari, nickel, litio e cobalto per le batterie: risorse non infinite. Tralasciando i prezzi che schizzano alle stelle, è possibile depredare in pochi anni le riserve minerarie della Terra? E le future generazioni?

In aggiunta e più cogente c'è l'impatto ambientale. Per un chilo di litio si scavano tonnellate di roccia, deturpando il paesaggio e consumando quantità di acqua che non abbiamo. Abbiamo appena esultato per la scoperta del più grande giacimento europeo di terre rare in Svezia, salvo capire subito che l'estrazione sarà estremamente inquinante e che la successiva lavorazione, incompatibile con gli standard ambientali europei, sarà forse dislocata in Cina. Ultimo ma non meno importante, la sostenibilità sociale. Non è difficile trovare in rete immagini impietose di giovani minatori africani, anche minori. Quanto sono compatibili con la nobiltà d'animo di chi vuole guidare un'auto elettrica per salvare il pianeta dal riscaldamento? Oltre all'insostenibilità della transizione, resta il fatto che molti popoli di fatto non la possono perseguire. Le emissioni di gas serra, responsabili del riscaldamento, sono aumentate moltissimo in questo secolo, perché la popolazione è passata da sei a otto miliardi e perché un miliardo di persone è uscito dalla povertà assoluta. Siamo di più ma moriamo di meno di fame, prima volta nella storia, perché produciamo più ricchezza usando carbone e petrolio. Non è difficile: preferisco vivere.

Ciò non significa che i gas serra non vadano limitati. Solo non è pensabile farlo girando un interruttore ed eliminando le auto termiche e i riscaldamenti a gas. Abbiamo cercato il rimedio a un problema complesso nella bacchetta magica dell'ideologia e ora scopriamo che non funziona. Le soluzioni ci sono ma sono più impegnative e forse più lunghe. Una è l'economia circolare, ossia spostare parte dell'attività industriale dalla produzione ex novo al recupero e rinnovamento dei prodotti per il riutilizzo.

Un'altra è il modello di sviluppo europeo, che produce circa 5 tonnellate pro-capite di CO2 all'anno, contro le oltre 14 degli Stati Uniti: due economie simili con un impatto ambientale molto diverso.

L'Europa, le cui emissioni sono in calo dal 1980 e oggi pesano pochissimo, invece di perseguire ulteriori e improbabili transizioni suicide, dovrebbe promuovere presso i Paesi emergenti e in sviluppo l'adozione del suo modello industriale ed economico. La transizione deve fondarsi sulla scienza non sull'ideologia, o finirà prima ancora di cominciare.

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