Corsi e ricorsi della storia (e della politica). Esattamente tre anni fa, il 13 febbraio 2014, Matteo Renzi dava il benservito al presidente del Consiglio Enrico Letta. La votazione della direzione nazionale del Pd si concluse in questo modo: 136 sì,16 no, 2 astenuti. Il premier prese atto della bocciatura e annunciò che il giorno dopo sarebbe andato al Quirinale. E di lì a poco Renzi prese il suo posto a Palazzo Chigi. "La direzione - recitava il testo di appena venticinque righe - ringrazia Letta per il notevole lavoro svolto. Assume il documento 'Impegno Italia' (presentato da Letta, ndr) come un contributo, ma ritiene necessario e urgente dover aprire una fase nuova con un governo nuovo".
Dopo dieci mesi di governo per Letta si chiudeva l'esperienza di governo, sancita dalla bocciatura del suo stesso partito. Lui prese atto della decisione con uno scarno comunicato stampa:"A seguito delle decisioni assunte oggi alla direzione nazionale del Partito democratico - si legge- ho informato il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, della mia volontà di recarmi domani al Quirinale per rassegnare le dimissioni da presidente del Consiglio dei ministri".
E Renzi concluse la serata con un tweet di appena sei parole, con tanto di hashtag, vergato alle ore 20.34: "Un Paese semplice e coraggioso #proviamoci".
L'era Renzi, archiviata l'esperienza di Letta, poteva avere inizio. Ora a Palazzo Chigi siede Gentiloni (voluto da Renzi). E il leader Pd non ha fatto ancora capire se intende farlo governare fino alla fine della legislatura, oppure no.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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