«Revocare il 41bis ad Alfredo Cospito». Dietro l'apertura di polizia e Antiterrorismo ci sarebbe una sorta di tregua armata tra lo Stato e il 57enne leader della Federazione anarchica informale, condannato a 23 anni per la gambizzazione del dirigente di Ansaldo Nucleare Roberto Adinolfi nel maggio del 2012 e per la bomba alla scuola carabinieri di Fossano (Cuneo) del giugno 2006. Il durissimo regime carcerario, a lui comminato dal 4 maggio 2022 su ordine dell'allora Guardasigilli Marta Cartabia, è stato introdotto nel 1986 per evitare che boss mafiosi e terroristi possano mandare messaggi o indicazioni dal carcere, come recita l'omonimo l'articolo della legge Gozzini.
Il ministro della Giustizia Carlo Nordio si è opposto due volte alla revoca anticipata del carcere duro, che scadrebbe nel 2026. Il tribunale di Sorveglianza di Roma deciderà a giorni. Decisivi per la revoca potrebbero essere due provvedimenti: la sentenza della Consulta del 19 aprile scorso - sottolineano i legali - che l'avrebbe salvato dall'ergastolo; la «lieve entità» per l'attentato decisa dalla Corte d'Assise d'Appello di Torino, che ne ridimensionerebbe «la caratura criminale», tanto più che per due volte il Riesame ha escluso che le sue esternazioni siano idonee ad istigare i suoi compagni alla lotta armata e a fare proseliti, non solo nel mondo dell'anarchia. Certo, frasi come «in una splendida mattina di maggio ho agito ed in quelle poche ore ho goduto a pieno della vita», come disse in tribunale sull'agguato ad Adinolfi, sarebbero banalmente il suo «pensiero politico». Eppure a Bologna e a Milano sono stati aperti dei fascicoli per associazione sovversiva contro una decina di antagonisti, mentre nei giorni scorsi il Tribunale di Torino ha restituito a Cospito alcune foto di famiglia e cartoline illustrate inviate in carcere, considerate a torto veicolo di «messaggi criptici».
Per aver ricevuto la visita di una delegazione Pd al penitenziario di Sassari l'anarchico è stato anche al centro di un intricato caso politico. Lo scorso febbraio il vicepresidente del Copasir Giovanni Donzelli (Fdi) prima ha incautamente rivelato una conversazione tra Cospito e alcuni detenuti di camorra e 'ndrangheta al 41bis - inguaiando il sottosegretario alla Giustizia con delega al Dap Andrea Del Mastro Delle Vedove, che gliel'avrebbe rivelato - poi ha evocato in Parlamento una liason dangerouse anti carcere duro tra Pd e il leader Fai. Per Donzelli la sinistra ha chiesto (invano) le dimissioni dal Copasir, a Del Mastro è andata peggio. Nonostante la richiesta di archiviazione presentata dalla Procura di Roma, il sottosegretario Fdi sarà davanti al gup capitolino il prossimo 29 novembre per «rivelazione di segreto d'ufficio», imputazione coatta decisa a luglio dal giudice Emanuela Attura.
Secondo il centrodestra lo sciopero della fame e le bordate che Cospito mandava dalle sbarre di fatto avrebbero aggirato il 41bis, che prevede isolamento totale, sorveglianza costante e forti limiti ai colloqui. Dietro la protesta peraltro ci sarebbe un disegno diabolico, probabilmente ispirato dai suoi «compagni» di ora d'aria. Nei sei mesi di sciopero da ottobre 2022 allo scorso aprile Cospito, sebbene sia stato trasferito da Sassari a Opera e all'ospedale San Paolo di Milano non sarebbe mai stato in pericolo di vita, grazie a una precedente dieta «ingrassante» e a un sapiente uso di integratori in cella.
Anche il dibattito sul 41bis non si è mai fermato. Per molti magistrati come Nicola Gratteri è l'unica arma per disinnescare pericolosi boss e reciderne quasi definitivamente i ponti con la 'ndrangheta.
Per alcuni legali come Ivano Iai - discepolo dell'ex Guardasigilli Giovanni Conso, al tempo vittima di una ingiusta querelle proprio sulla mancata conferma del carcere duro ai boss dopo le stragi di Capaci e Via d'Amelio - si tratta di un «eccezionale regime sanzionatorio primitivo e intollerabile che consuma esseri umani e fa strame della Costituzione».
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