Considera l'incriminazione di Donald Trump a New York «il caso più debole» mai visto in 60 anni di carriera. Denuncia l'uso politico della giustizia, imbracciata come «un'arma» per fermare la corsa dell'ex presidente alla Casa Bianca. E bolla i tentativi di «distorcere il sistema di giustizia penale, con l'obiettivo di colpire l'avversario politico» come «la minaccia più significativa ai diritti costituzionali e alle libertà civili negli Stati Uniti dai tempi del maccartismo», anni Cinquanta. Non teme di andare controcorrente Alan Dershowitz, 84 anni, il più noto avvocato penalista al mondo, professore emerito a Harvard, dove per mezzo secolo ha insegnato «Procedura penale costituzionale», instradando molti procuratori oggi all'opera negli Usa. Avvocato di Mike Tyson e Julian Assange, membro del team difensivo di Nelsona Mandela, come di O. J Simpson e Jeffrey Epstein, Dershowitz ha seguito i casi legali più scottanti della storia americana, perché - ha spiegato in passato - «per assicurarsi che qualcuno sia colpevole è necessario che gli avvocati della difesa siano molto aggressivi nel difendere colpevoli e innocenti». Nel 2019 ha rappresentato Trump nel primo impeachment al Senato, pur non avendolo mai votato. E ora, negli Usa, è appena uscito con «Get Trump» (in italiano suonerebbe come «acciuffare Trump»), un libro, già numero 2 su Amazon, in cui denuncia la deriva di diversi procuratori, tra cui Alvin Bragg, il democratico del caso che si è aperto a Manhattan, che starebbero usando le aule di tribunale per ostacolare il ritorno di Donald alla presidenza.
Perché ritiene che gli sforzi per fermare Trump siano «la peggior minaccia alle libertà civili» dal Dopoguerra?
«Perché chi sta tentando di fermarlo con ogni mezzo sta creando terribili precedenti nell'area del giusto processo e della pari protezione di fronte alla legge. Questi precedenti incoraggeranno il perseguimento selettivo dei nemici politici e l'uso del nostro sistema di giustizia penale come un'arma».
Il caso giudiziario contro Trump non è forse la prova che la democrazia funziona anche contro i potenti?
«Nessuno dovrebbe essere al di sopra della legge, ma nessuno dovrebbe essere al di sotto della legge. L'accusa a Trump non prova che la democrazia funziona. Dimostra solo che la legge può essere manipolata selettivamente nell'interesse della politica».
C'è un complotto contro Trump?
«No, ma c'è una combinazione di sforzi da parte di politici ambiziosi per dargli la caccia in tribunale».
Prima di Trump, lei ha proposto di spostare il processo a Staten Island. Perché?
«A Manhattan tra l'80 e il 90 per cento degli elettori ha votato contro Trump. Contro di lui ci sono sentimenti estremi. Nessun giudice o giurato vorrebbe essere riconosciuto come la persona che ha liberato Trump. Staten Island, Rockland County o lo stato di New York sarebbero luoghi più equi».
La minaccia per la democrazia non è un ex presidente che non accetta un'incriminazione?
«Pesa di più che Trump sia candidato a essere il futuro presidente. È più importante del suo ruolo di ex presidente. La sostanza è che non dovrebbe essere perseguito per atti per i quali altri non sono mai stati perseguiti».
Perché definisce il caso di Manhattan il più debole dei suoi 60 anni di carriera?
«Gli eventi, che si sono verificati più di 5 anni fa, sono da prescrizione. E nessuno è mai stato perseguito per atti simili. Per di più, l'incriminazione si basa sulla testimonianza di Michael Cohen, che ha alle spalle una lunga storia di bugie alle autorità federali. Nessun procuratore con un'etica potrebbe presentarlo come testimone credibile».
Non conta aver pagato per il silenzio l'ex amante Stormy Daniels?
«Qualsiasi pagamento in contanti a Daniels o a chiunque altro non è illegale. E nessuno paga il silenzio e poi lo annuncia su documenti aziendali pubblici. Il caso potrebbe anche superare l'appello a New York, ma non sopravviverebbe alla Corte Suprema».
Trump rischia altre incriminazioni...
«Nel mio libro, Get Trump, esamino ciascuna delle quattro indagini contro l'ex presidente e dimostro che non ci sono basi di diritto o di fatto per nessuna di esse».
Lei sostiene che chi difende i diritti di Trump viene attaccato, la carriera minacciata. Esempi?
«Non ho mai votato per Trump, ma molti media mi hanno cancellato per averlo difeso in Senato».
Perché ha deciso di difenderlo nel primo impeachment al Senato, quando Trump fu accusato, poi assolto, per abuso di potere dopo le pressioni a Paesi come l'Ucraina, nel tentativo di danneggiare Biden?
«L'impeachment era incostituzionale».
Secondo lei, molti americani potrebbero aver ragione nel considerare Trump un pericolo. Ma dovrebbero essere preoccupati per quello che gli succede. Perché?
«Il fine nobile non giustifica mezzi ignobili»
Lei non ha mai votato Trump. E nel 2024?
«Sono politicamente contro Trump, ma a favore dei diritti costituzionali di tutti. Ho intenzione di votare democratico nel 2024».
Nota personale: Virginia Giuffre, «vittima» del caso
Epstein, l'ha accusata di abusi sessuali, poi ha ritirato le accuse. Sollevato?«Ha ammesso di avermi confuso con qualcun altro. Nessuno mi ha mai parlato di lei né l'ho mai incontrata. Non ho fatto nulla di male».
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