Il terminal 5 di Fiumicino è stato trasformato in un ospedale da campo dove si lavora senza pause. In un clima di fretta che ricorda un po' troppo da vicino la fine di febbraio. I casi positivi accertati in aeroporto sono già 36, trasferiti in parte al Covid Center di Casal Palocco, «succursale» dell'ospedale Spallanzani, in parte in strutture alberghiere messe in sicurezza. Nessuno all'Hilton, come precedentemente indicato.
L'allarme arriva da un volo proveniente da Dacca, Bangladesh, fonte di un nuovo focolaio. Sono ancora in corso i tamponi sui 276 passeggeri e, man mano che vengono individuati, vengono messi in isolamento ma individuarli tutti non è semplice. Nell'ultima settimana a Roma sono arrivati altri cinque voli da Dacca e le squadre anti Covid dell'Asl sono a caccia di 1.300 persone.
Il ministro alla Salute Roberto Speranza ha bloccato tutti i voli dal Bangladesh (almeno) per i prossimi sette giorni e si sta pensando di applicare misure simili per tutti gli ingressi extra Schengen. L'assessore alla sanità della Regione Lazio Alessio D'Amato ha lanciato un appello ai cittadini della comunità bengalese di Roma perché si presentino di propria iniziativa agli ambulatori Asl per fare test sierologici e tamponi ma finora solo in minima parte hanno seguito le indicazioni, un po' per difficoltà logistiche e un po' per carenza di informazioni. Se mai nel Lazio dovesse riprendere l'infezione, sarebbe un fenomeno «d'importazione» poiché i casi non riconducibili al focolaio bengalese sono solo due.
Ed è vero che la curva epidemica cala ma l'attenzione va mantenuta altissima. I nuovi casi registrati ieri sono 138, contro i 208 di lunedì, in Lombardia i positivi sono «solo» 53 contro i 111 del giorno precedente (a fronte però di meno tamponi). Forte rialzo invece del numero dei decessi, 30 contro gli 8 di lunedì (e i 7 di domenica). Si sono registrate vittime in Lombardia (13), Veneto (10), Piemonte (3), Toscana (2), Emilia Romagna e Puglia. Si svuotano le terapie intensive in 14 Regioni: nessuno ricovero sotto Roma. Ma per mantenere i numeri su queste dimensioni e non vederli peggiorare, è necessario isolare i punti caldi in poche ore. In un momento delicato come questo non possiamo certo permetterci di importare il virus da altri Paesi e la speranza è che non abbia già ripreso a circolare per Roma.
Alla luce dei nuovi focolai in Italia non appaiono per nulla eccessive le misure adottate dal governatore veneto Luca Zaia, che sta sottoponendo a doppio tampone tutte le badanti e i cittadini che sono stati nei paesi dell'Est Europa, anche se solo per qualche giorno.
A destare preoccupazione è anche quanto sta accadendo nell'avellinese, dove sono stati scovati 12 casi positivi, causati da una donna rientrata dalla Romania che si è accorta di avere il virus solo nel momento in cui si è recata in ospedale per partorire. Per isolare il focolaio sono in corso le indagini epidemiologiche su 73 persone. Sono in corso le verifiche anche per spezzare la catena di contagi registrati in tre comuni del serinese, Santa Lucia di Serino, San Michele di Serino e Serino, dove un uomo di 69 anni rientrato dal Venezuela ha contagiato altri otto familiari e ora è ricoverato in terapia intensiva nell'area Covid dell'ospedale Moscati, che ospita anche un suo parente di 71enne. Sui due ricoveri sono anche sorte polemiche tra la dirigenza dell'azienda ospedaliera e i sindacati di categoria. Per i due pazienti sarebbero stati infatti violati i protocolli di sicurezza.
Uno dei due è rimasto per 24 ore in pronto soccorso, sebbene in una stanza singola, mentre l'altro paziente è stato mandato prima all'ospedale di Solofra e poi all'ospedale di Avellino, prima che venisse deciso di riaprire la palazzina Covid, chiusa da alcune settimane.
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