Trump ignora i consigli, "dimentica" i suoi successi e cade sulle troppe bugie

Aveva argomenti dalla sua ma con la solita arroganza è finito contro un muro

Trump ignora i consigli, "dimentica" i suoi successi e cade sulle troppe bugie
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Siccome nel vocabolario di Donald Trump la parola «sconfitta» non esiste, nelle ore successive al dibattito con Kamala Harris l'ex presidente se l'è presa con l'arbitro. L'erede politica di Joe Biden è stata più brava di lui? Colpa dei conduttori della Abc e in particolare di David Muir, qualificato di «very unfair», «molto parziale». L'inviperito candidato repubblicano ha inoltre a tal punto mal digerito l'annunciato sostegno della popolarissima cantante Taylor Swift alla sua avversaria («Voterò per Harris, è una guerriera») da riservarle una sinistra minaccia: «Pagherà il prezzo della sua scelta», ha sibilato The Donald. Che detto dall'uomo che promette «lunghi anni di carcere» a chi avrebbe ostacolato la sua (in realtà mai avvenuta) vittoria di quattro anni fa, e addirittura «un bagno di sangue» ad opera dei suoi più accesi sostenitori se non dovesse essere incoronato nemmeno stavolta, fa paura.

A Philadelphia, la scorsa notte, Trump aveva per le mani alcuni assi, ma non ha saputo giocarseli. Poteva insistere sui dettagli dei suoi successi da presidente in economia (tramite quei dazi che hanno danneggiato la nostra), enfatizzare il suo unico positivo risultato in politica estera (gli Accordi di Abramo in Medio Oriente), martellare la sua avversaria sulle follie woke che ammorbano la società americana. Non lo ha fatto perché ascolta pochissimo i suoi consiglieri e crede solo nel suo (infallibile, ça va sans dire) istinto. Perché resiste a fatica a far tracimare il suo disprezzo verso ogni e qualsiasi avversario: tutti stupidi, incapaci, soprattutto indegni di confrontarsi con Lui.

E così ha preferito ricorrere ai suoi soliti slogan da piazzista della politica (tutto ciò che ha fatto o promette di fare è «grandioso, fantastico, senza tema di paragone») e agli immancabili generici insulti verso «i peggiori presidente e vicepresidente della storia americana». Ha insistito fino alla nausea sul suo tema cardinale, l'immigrazione incontrollata, su cui pure avrebbe dei validi argomenti da sostenere, ma una volta di più ha privilegiato la denigrazione dell'avversario, rilasciando un profluvio di bugie: i 21 (il doppio delle stime reali) milioni di immigrati clandestini, tutti da espellere a forza sa Dio come; gli indici di criminalità americani che schizzano alle stelle mentre crollano quelli dei Paesi di provenienza degli immigrati; la grottesca panzana dei cani e gatti di Springfield, Illinois, divorati per strada da selvaggi clandestini haitiani.

Ancora più sfacciate falsità Donald Trump ha detto sul tema dell'aborto, costringendo Muir a ricordare ai telespettatori che «in nessuno Stato americano è consentito abortire al nono mese o sopprimere neonati»); sullo scandaloso assalto del 6 gennaio 2021 a Capitol Hill da parte di una marea di suoi forsennati seguaci («Colpa di Nancy Pelosi: le avevo offerto diecimila uomini della Guardia Nazionale»); sulle presidenziali perse nel novembre 2020, che ancora si ostina contro ogni evidenza e pronunciamento di tribunale a sostenere di aver vinto.

Quello delle bugie è il problema numero uno di Trump (e degli Stati Uniti se tornasse alla Casa Bianca). Non si sottolinea mai abbastanza che è un mentitore sistematico e scientifico, probabilmente perché ritiene (e purtroppo forse con ragione) che il suo target elettorale viva di risentimento e non vada per il sottile. Ma non meno inquietante è quando Trump dice ciò che davvero pensa. Come sull'Ucraina che deve cessare di combattere (quanto gli piace Vladimir Putin!) o sugli alleati europei (quanto gli piace il servile filorusso ungherese Viktor Orbán!) che nomina solo per ripetere il trito slogan «devono pagare per essere difesi da noi».

Non meraviglia che i superstiti del vecchio Grand Old Party e molti dei suoi ex collaboratori scelgano la Harris come male minore: con Trump perde senso la rozza semplificazione «sta a destra, quindi è dei nostri». Quando un uomo è pericoloso, lo è per tutti.

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