C'è qualcosa di strano e, a dirla tutta, di sospetto, nel modo in cui Donald Trump pretende di gestire la questione della guerra in Ucraina. Strano e sospetto per noi europei, intendiamo, e sotto vari aspetti. Si nota facilmente, ad esempio, il modo assai diverso in cui Trump, che ha promesso di far finire le guerre in corso e di tenerne fuori gli Stati Uniti, parla dell'Ucraina rispetto all'Iran o a Gaza; oppure delle modalità non troppo amichevoli con cui pretende che gli alleati europei siano coinvolti nel suo tuttora poco chiaro piano per la pace tra Russia e Ucraina; o ancora, della curiosa maniera di intendere il concetto di escalation in questo conflitto: e questa è la notizia più recente, con la dura critica a Joe Biden per aver autorizzato gli ucraini a usare missili americani per colpire all'interno della Russia.
Il Trump che accenna al Medioriente usa un linguaggio apertamente bellicoso, lasciando intendere che gli Stati Uniti avrebbero un ruolo diretto. O meglio: è così per Iran e Gaza, ma non per la Siria. Ad Hamas si è rivolto chiarendo che dovrà liberare al più presto gli ostaggi, pena «un intervento quale non si è mai visto nella storia»; parlando di Iran, prima ha detto che «nulla può essere escluso», poi ha precisato che si riferiva a bombardamenti preventivi delle sue installazioni nucleari. Modalità molto aggressive, che stridono con la liquidazione della crisi nella vicina Siria dove pure l'Iran è stato direttamente accanto all'infame regime di Assad, mentre la Russia cerca di mantenervi le proprie basi militari come un problema che non riguarda Washington. In Ucraina, invece, l'America punterà, secondo Trump, a ottenere la fine di «un conflitto ridicolo» (che gran brutto aggettivo) e a fermare un massacro, ma lasciando il grosso dell'aspetto militare agli europei, evitando per giunta di mostrarsi senza mezzi termini dalla parte dell'aggredito come invece fa Biden.
Gli europei dovrebbero pretende Trump - mettere insieme 200mila uomini da schierare come forza d'interposizione tra Russia e Ucraina, lungo un fronte lungo quasi 2mila chilometri. Ora, egli non può non sapere che britannici, francesi, tedeschi e polacchi anche con il contributo di «non potenze militari» come Italia e Spagna non dispongono al momento di tale forza, e che per arrivarci avranno bisogno di anni, non bastando certo aumentare in corsa le spese militari al 3% del Pil come chiede la Nato. Non può non sapere che, se anche quello sforzo fosse compiuto, ciò avverrebbe a scapito di un'adeguata difesa del resto del fronte orientale, dai 1.200 chilometri di frontiera finlandese alle centinaia di quella baltica e polacca. Tutto questo puzza di pressione indebita, o di ricatto se vogliamo: se vorrete una mano americana sembra essere il messaggio dovrete cedere qualcosa su altri dossier (commerciali, è facile intuire). Un alleato molto sui generis.
Last but not least, la questione dei missili. Biden li ha concessi a Zelensky per autodifesa, ma Trump grida all'escalation proprio come il Cremlino: non usa lo stesso termine quando Putin bombarda città e installazioni energetiche ucraine compiendo crimini di guerra. Dice che se l'Ucraina colpisce un aeroporto militare russo «intensifica questa guerra e la aggrava», che lui vuole «arrivare a un accordo senza abbandonare Kiev», ma sembra sfuggirgli che limitare la capacità ucraina di prevenire gli attacchi nemici intensificherà la guerra e la aggraverà solo dalla parte russa, che non potrebbe ottenere miglior agevolazione.
Da tutto questo si deve trarre una preoccupante morale: per Trump difendere Israele va bene, difendere l'Ucraina (e l'Europa) molto meno. Almeno il G7 promette la concessione a breve di 50 miliardi a Kiev dagli assett russi congelati.
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