Non c'è pace per Donald Trump. Il presidente degli Stati Uniti ha rimosso, dopo solo dieci giorni, Anthony Scaramucci da capo della comunicazione della Casa Bianca. Si tratta dell'ennesimo membro dello staff presidenziale rimosso da quando si è insediato. Stando ai rumors, Scaramucci sarebbe stato fatto fuori dopo pressioni del nuovo capo di gabinetto, il generale a riposo John Kelly. Anch'egli fresco di nomina.
Un caos dopo l'altro per «The Donald», che deve fronteggiare le crescenti tensioni con Mosca in stile Guerra fredda.
La notizia è questa: Putin caccia 755 diplomatici americani dalla Russia in risposta alle sanzioni da poco approvate dal Congresso Usa che intende così punire il Cremlino per le sue interferenze nelle presidenziali Usa del 2016. Un gioco delle parti contro il quale Trump che queste sanzioni non le avrebbe mai volute - non potrà opporsi. Difficile, per il presidente americano, ergersi col suo dito da maestro contro la maggioranza dei parlamentari che queste sanzioni hanno voluto, interpretando gli umori di quella stessa America profonda che ha votato per Trump ma non tollera l'idea che la sua ascesa al potere sia stata sciolinata da Mosca. Come tutte le bolle, anche questa sembra tuttavia destinata a sgonfiarsi. Così gli osservatori commentano la volontà di Mosca di collaborare con Washington su alcuni aspetti di politica internazionale, primo fra tutti il dossier Siria. Un modo per non vanificare del tutto quella atmosfera cordiale inaugurata da Trump fin dalla sua elezione alla Casa Bianca.
Commentando in tv le sanzioni Usa, Putin ha detto: «La parte americana ha fatto una mossa non provocata, per peggiorare le relazioni. Ciò include restrizioni illegali, tentativi di influenzare altri Stati nel mondo, inclusi i nostri alleati, che sono interessati a sviluppare e conservare le relazioni con noi». Poco dopo, uscendo dalla fumisteria diplomatica con cui aveva dato di piglio al suo soliloquio, Putin ha aggiunto: «Abbiamo aspettato per parecchio tempo che qualcosa cambiasse per il meglio, nei nostri rapporti ma sembra che ciò non avverrà nel prossimo futuro. Quindi ho deciso che è arrivato il momento di dimostrare che non lasceremo niente senza risposta». Di qui l'annuncio. Mosca chiederà formalmente agli Usa di ridurre il suo personale diplomatico in Russia ridimensionandone il numero dagli attuali 1.200 funzionari a 455: lo stesso numero di funzionari che il Ministero degli Esteri russo ha sul territorio statunitense. Tempo per riequilibrare la bilancia: un mese. Mese durante il quale le autorità russe sequestreranno una dacia di cui il personale americano disponeva alle porte di Mosca. Proprio quello che gli americani avevano fatto durante l'ultima fase della gestione Obama riguardo a due strutture russe in Maryland e a Long Island.
Insomma, un gioco delle parti in cui, al di là delle apparenze e della burbanza dei toni, si legge la volontà del Cremlino di non pregiudicare quella entente cordiale cui nessuno, né Putin né Trump, vuole rinunciare. Tra i progetti di cooperazione che Putin intende salvaguardare ci sono la lotta al terrorismo, il controllo delle armi nucleari, i progetti spaziali e la tregua in Siria. Un congelamento di questi progetti comuni, ha commentato Putin, «danneggerebbe lo sviluppo delle relazioni internazionali. Ma non è quello che io mi auguro». Sul fronte cino-coreano, dove la tensione resta alta, da segnalare la preoccupata reazione di Pechino che teme di vedere compromesso il commercio bilaterale con gli Usa.
Mossa in un certo senso attesa, dopo la sparata di Trump che ha accusato i suoi predecessori alla Casa Bianca di aver consentito ai cinesi di arricchirsi senza averne in cambio il contenimento della minaccia nucleare e missilistica proveniente da Pyongyang.
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