Tocca alla Fiera. Una settimana al massimo, forse meno, poi la Lombardia potrebbe ricorrere al grande centro di terapia intensiva realizzato nel capoluogo. Il primo blocco da 53 posti può essere già attivato, l'altro (104 posti al piano di sopra) richiederebbe una giornata di lavoro, ma è pronto. I medici per partire ci sono, e sono in gran parte quelli del Policlinico, che gestisce il centro, ma ogni ospedale lombardo sarà chiamato dare il suo contributo di personale sanitario.
La soglia tecnica di apertura del centro è prevista dal piano di riordino del sistema ospedaliero presentato a giugno dalla Regione e approvato dal governo. Sono 151 posti occupati in terapia intensiva, ed inesorabilmente sempre più vicina: siamo a 123. In vista della seconda ondata il piano metteva infatti a regime gli hub di tutta la regione, a partire dai centri realizzati a tempo di record nelle fiere di Milano e Bergamo. La seconda ondata, allora, era solo un'eventualità e oggi è drammaticamente una realtà numerica. Secondo il sistema di allerta concertato fra Regione e Stato c'è margine per altri 28 ricoveri in terapia intensiva, dopodiché saranno «sbloccate» tutte le 17 strutture Covid. In teoria i ricoveri saranno distribuiti su tutti gli ospedali e non è detto che si inizi da Milano, ma l'epicentro milanese, e brianzolo, di questa ondata di ritorno fa pensare che il primo ricovero al Portello sia questione di (pochi) giorni.
Ovviamente l'attivazione sarà graduale, mediante moduli piccoli, da 14 posti al massimo, anche perché il personale sanitario è raro e prezioso, tanto da dover essere «dosato» con la massima attenzione. Il Policlinico ha una buona disponibilità in questo senso, anche se non tale da soddisfare tutto il «fabbisogno» indotto dai 221 posti di capienza totale. Al Policlinico calcolano che ogni due posti letto serviranno un anestesista e tre infermieri, necessari per coprire i tre turni sulle 24 ore. Certo, il conto non sarà poi proporzionale perché gli anestesisti opereranno con varie modalità, in ogni caso l'ordine di grandezza è questo: decine e decine di medici e centinaia di infermieri. Va anche detto che la Regione ha aperto dei bandi per il reclutamento del personale sanitario. A marzo infatti, in piena emergenza, erano stati chiamati anche gli studenti di Medicina e un grande aiuto - anche simbolico - era giunto dal personale sanitario inviato da altri Paesi, che avevano risposto all'appello lanciato dalla Lombardia per vie diplomatiche. Stavolta è stato previsto che il personale mancante - una volta impiegato quello del Policlinico - debba essere fornito a Milano anche dagli ospedali che invieranno pazienti con l'obiettivo di alleggerire la pressione sui reparti.
Questo scenario, che solo pochi mesi fa appariva un remoto ricordo, adesso si è materializzato in pochi giorni, dando ragione a Fontana che in 15 giorni aveva concepito e realizzato il centro affidandosi all'esperienza dell'ex capo delle Protezione civile Guido Bertolaso (ingaggiato a metà marzo con una consulenza gratuita, pagata simbolicamente un euro). «Ci hanno fatto accuse violente - ha detto il presidente della Lombardia Attilio Fontana a Quarta Repubblica su Rete 4 - perché avevamo cercato di progettare, di programmare e prevedere quello che poteva succedere e fare in modo di dare una risposta. Spero ancora di non doverlo utilizzare, nel caso ci sono 200 letti a disposizione».
Anche la realizzazione del centro della Fiera era stata raccontata con toni scandalistici dall'opposizione «giallorossa» e dai media amici. Prima avevano cercato di metterci il «cappello», quando poi il centro era rimasto vuoto lo avevano bollato come «un flop», un «fallimento progettuale», un'opera «inutile», una «operazione di marketing».
«Con 21 milioni si sarebbero potuti comprare circa 5 milioni di test pungidito» osservava per esempio il grillino Massimo De Rosa. Lo stesso che pochi giorni fa ha chiesto: «Se, disgraziatamente, le cose dovessero continuare a peggiorare, la struttura in Fiera sarebbe pronta per accogliere i pazienti?».
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