Metro, università e serrande di negozi commerciali abbassate in tutto il Paese. L'Iran si ferma, per appoggiare la rivolta delle donne contro il velo e contro il regime. Dalla città di Sanandaj, Marivan e Dehgolan nel Kurdistan iraniano fino a Mashad nel Nord Est, e a Teheran dove è stata bloccata la metropolitana Shariati, la protesta dilaga e il governo si avvia, secondo fonti interne, a innalzare del 10 per cento i salari e le pensioni dei dipendenti della pubblica amministrazione e delle forze armate. Una decisione per spaccare il fronte della rivoluzione che scuote la Repubblica islamica dopo la morte di Mahsa Amini. Anche studenti e metalmeccanici erano in piazza e all'esterno degli stabilimenti petrolchimici per uno sciopero nazionale. Ma nel giorno della mobilitazione generale si è rilevato un massiccio blackout della Rete, a partire dalle 6 di ieri mattina (ora locale) e «si prevede che questa interruzione, limiterà ulteriormente la libertà di informazione», ha twittato l'organizzazione NetBlocks, che monitora l'attività di Internet nel mondo.
A conferma del giro di vite è arrivato l'intervento di fuoco della Guida suprema Ali Khamenei. «Alcuni ci consigliano di non imporre la sicurezza con la forza, ma l'ostilità dei nemici continuerà e l'unico modo per risolvere il problema è la resistenza» e ha parlato di «potenze arroganti» che per contrastare le mosse dell'Iran verso lo sviluppo hanno «elaborato piani stupidi, fornito sostegno finanziario e anche portato alcuni politici dagli Stati Uniti e dall'Europa sul teatro» della reazione alla morte di Mahsa. Coloro che protestano sono «elementi nemici oppure persone allineate con loro», ha concluso Khamenei. Anche il capo della diplomazia Hossein Amir-Abdollahian non ha usato giri di parole con l'omologa francese, Catherine Colonna, durante una telefonata dopo il fermo di 5 cittadini francesi in carcere. «Non permetteremo a nessuno, dentro e fuori dal Paese, di prendere di mira la sicurezza nazionale», ha tuonato. Amir-Abdollahian ha messo in luce il «doppio standard» dell'Occidente secondo cui «affrontare le rivolte è un'azione buona e desiderabile in Europa ma è vista come una repressione in Iran», e ha criticato le dichiarazioni sull'applicazione di nuove sanzioni da parte delle cancellerie straniere, ritenute «interventiste», nei confronti della gestione delle proteste nel Paese.
Ma il popolo iraniano continua a combattere. Il bilancio delle vittime è salito a 201 morti, compresi 23 minori di 18 anni, in base ai dati raccolti dall'ong Iran Human Rights. Nika Shahkarami l'altra «martire» simbolo di questa protesta dopo Mahsa, aveva solo 16 anni. Durante le manifestazioni sono stati effettuati migliaia di arresti anche tra i lavoratori in sciopero ed è stata annunciata la detenzione di stranieri da nove Paesi, tra cui l'italiana Alessia Piperno. L'indignazione è anche della presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, che ha parlato alla Conferenza degli ambasciatori. «Credo sia arrivato il momento di sanzionare le persone responsabili» della repressione delle donne iraniane. «Le violenze scioccanti inflitte al popolo iraniano non possono rimanere senza risposta e dobbiamo lavorare insieme sulle sanzioni», ha sottolineato.
Dopo la morte di Mahsa Amini sono stati molti i gesti di solidarietà alla protesta arrivati dal mondo dello sport. L'ultimo quello della squadra nazionale di calcio femminile svedese. Prima di iniziare a giocare, ha mostrato una maglietta con su scritto: «Stiamo giocando per le nostre ragazze iraniane».
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