Uccisero Cerciello Rega, alla sbarra gli americani: "Servono nuove perizie"

I legali dei killer del vicebrigadiere: "Troppe cose non tornano, dal video alle traduzioni"

Uccisero Cerciello Rega, alla sbarra gli americani: "Servono nuove perizie"

Roma - Niente riprese per Lee Elder Finnegan. L'assassino del vicebrigadiere Mario Cerciello Rega non vuole essere filmato. Prima udienza, ieri, per il processo ai due ragazzi californiani accusati di aver ucciso con 11 coltellate, la notte del 25 luglio, il carabiniere 35enne in servizio a Campo de' Fiori.

Un'aula gremita all'inverosimile quella della prima Corte d'Assise del Tribunale di Roma, dai media nazionali come dalla stampa americana: telecamere della Cnn, della Cbs, inviati e fotografi del Los Angeles Times, del Daily Mail e del San Francisco Chronicle. «Sfidiamo il coronavirus», dice il presidente della Prima Corte d'Assise Marina Finiti in apertura d'udienza. Alla sbarra Lee Elder Finnegan e Christian Gabriel Natale Hjorth, 20 anni, arrestati la mattina dopo l'omicidio nella stanza dell'Hotel LeMeridien Visconti, a Prati. Nel controsoffitto, ancora sporca di sangue, l'arma del delitto: un coltello da marines. Felpa e camicia Finnegan, maglione e camicia bianca Hjorth. È lui lo studente con parenti italiani, a Fiumicino, bendato e interrogato in caserma, subito dopo il fermo.

Il video viene registrato da Andrea Varriale, il collega di Cerciello, per confrontare la sua voce con quella delle telefonate con Sergio Brugiatelli, l'intermediario della vendita di cocaina. La difesa chiede di acquisirlo. I due statunitensi sono accusati di omicidio volontario aggravato, lesioni, tentata estorsione e resistenza a pubblico ufficiale. Presente Rosa Maria Esilio, la vedova della vittima, con il padre e il fratello di Cerciello, i genitori di Elder e lo zio di Hjorth. Durata ore la discussione sulle parti civili. Ammesse come parti lese la signora Cerciello, la famiglia del militare, Brugiatelli come vittima del furto e della tentata estorsione, il ministero della Difesa e quello dell'Interno. Sarà stato il «circo mediatico» attorno o i 40 gradi di temperatura, fatto sta che Finnegan accusa un malore. Il presidente Finiti ammette come parti civili anche l'Associazione vittime del dovere e il carabiniere Varriale, in servizio con Cerciello la notte maledetta, quando vengono aggrediti dagli americani strafatti di alcol. La difesa, gli avvocati Renato Borzone e Roberto Capra, presenta la richiesta di giudizio immediato nonostante non sia più ammessa per reati gravi, e la traduzione, eseguita da un perito di parte, dei colloqui in cella tra Finnegan, il padre e il legale americano Craig Peters. La Procura chiede una nuova perizia, la terza, sulle intercettazioni del 2 agosto, del 5 e 6 settembre, e sul video, non integrale secondo un perito di parte.

Il nodo per gli avvocati? Gli studenti non avrebbero riconosciuto Cerciello e Varriale come «guardie», cops, perché non avrebbero mostrato loro i tesserini. Per il perito del Tribunale Finnegan direbbe il contrario, raccontando che l'auto dei carabinieri era arrivata alle loro spalle. Per la difesa, che lamenta varie omissioni del dialogo sull'informativa inviata al pm, la parola tank sarebbe bank, la filiale Unicredit a pochi passi dall'albergo.

Gli americani credono davvero che quei due uomini in t-shirt e bermuda sono due «mafiosi», due criminali mandati dallo spacciatore per riempirli di botte? Cerciello e Varriale si presentano all'appuntamento concordato al posto di Brugiatelli per recuperare lo zaino rubato. Sono completamente disarmati. Varriale, sul quale viene aperto un procedimento interno per mancata consegna, si giustifica dicendo che la pistola d'ordinanza è troppo grande per entrare nel marsupio, indossato quando si fa attività antidroga in borghese. Le calibro 9x21 d'ordinanza le lasciano negli armadietti. Non hanno nemmeno i tesserini come sostiene la difesa? Nel borsello di Cerciello vengono sequestrati effetti personali, pochi spiccioli, un mazzo di carte.

Oltre 100 i testimoni chiamati in causa, tra i quali Fabio Manganaro, il carabiniere che avrebbe bendato Hjorth, e il collega Silvio Pellegrini, già indagato dalla Procura militare per aver scattato e messo in chat la foto del fermato. Prossima udienza il 9 marzo.

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