La cerimonia di apertura del Consiglio ministeriale dell'Ocse in programma domani mattina a Parigi è, in verità, solo un pretesto. La riunione è sì presieduta dall'Italia, con la Norvegia e il Messico vicepresidenti. I ministri dibatteranno su futuro e transizione sostenibile e interverrà anche Mario Draghi. Che, però, ha deciso di essere presente nella capitale francese solo dopo il via libera dell'Eliseo a un faccia a faccia con Emmanuel Macron. I due si vedranno stasera a cena, proprio nella residenza ufficiale del presidente della Repubblica francese, per un confronto a 360 gradi come accadde lo scorso settembre a Marsiglia. Un incontro che ha sì l'obiettivo di saldare un asse tra Roma e Parigi (che è già forte del Trattato del Quirinale dello scorso 26 novembre), ma che serve anche a creare una consuetudine di confronti a livello di leader che forse in questo ultimo anno e mezzo è, non solo con Macron, un po' mancata. Un approccio, insomma, decisamente più attivo, e che segue il vertice trilaterale con Olaf Scholz che si è tenuto la scorsa settimana a Bruxelles.
Sul tavolo, ovviamente, c'è il delicatissimo dossier del conflitto in Ucraina e le prossime misure di sostegno a Kiev dopo il via libera dell'Ue al sesto pacchetto di sanzioni (ovviamente anche la questione del price cap). Ma anche l'agenda europea, in vista dell'ultimo Consiglio Ue a presidenza francese, in programma il 23 e 24 giugno. Un summit che sarà dedicato all'orizzonte dell'Europa, perché - ha detto proprio ieri Macron dopo aver incontrato il premier del Portogallo, Antonio Costa - «se vogliamo che l'Ue continui ad andare avanti occorre riformarla». Il presidente francese ha quindi ricordato la sua proposta per la creazione di una Comunità politica europea. Un'idea che parte dalla volontà di mettere mano a quei trattati che spesso hanno reso l'Ue un gigante dai piedi d'argilla, soprattutto per colpa del vincolo dell'unanimità. Un Europa che per Macron e anche per Draghi deve allargarsi ed aprire il più possibile ai Paesi che chiedono di farne parte. Un ragionamento che vale ovviamente per l'Ucraina, che non potrà entrare nell'Unione finché è in guerra (questo prevedono i Trattati) ma può comunque rivendicare il suo status di candidato all'adesione all'Ue (non a caso Kiev ha compilato i relativi questionari e li ha consegnati a Bruxelles). Sul punto Draghi ha pochi dubbi e in più di un'occasione ha auspicato che il processo di integrazione dell'Ucraina vada comunque avanti. E proprio ieri l'ex numero della Bce ha incontrato a Palazzo Chigi la presidente della Georgia, Salomè Zourabichvili, nella prima visita di Stato da 25 anni. E il governo di Tbilisi - come la Moldavia e l'Ucraina - è tra quelli che dopo lo scoppio della guerra più sta spingendo per avviare il processo di adesione all'Ue, un percorso che ieri ha trovato il sostegno anche di Sergio Mattarella. Che dopo aver accolto al Quirinale la presidente della Georgia ha detto chiaramente che l'Italia supporta il suo «percorso europeo». Sulla stessa linea Draghi, convinto che vada «seguita la procedura prevista dai trattati» ma «vadano rimossi ritardi inutili». Sul punto, Macron ha una posizione più sfumata, tanto che nei giorni scorsi ha avanzato l'idea di una confederazione, una sorta di alternativa più light rispetto all'adesione tout court.
Stasera, però, Macron e Draghi non parleranno solo del conflitto tra Mosca e Kiev e dell'allargamento dell'Ue. Uno dei temi chiave, infatti, sarà la riforma del patto di stabilità, con l'ex banchiere che da tempo sostiene la necessità di una maggiore flessibilità, un'esigenza ancora più impellente in questo periodo di crisi.
E sul tavolo ci sarà anche il tema di un nuovo recovery di guerra, perché - nonostante l'ostilità di Berlino e dei «frugali» del Nord - il premier resta convinto che i singoli bilanci nazionali non sono in grado di affrontare le pesantissime ricadute economiche del conflitto.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.